Si sente spesso parlare di soggetti “borderline”; sono in molti a chiedersi se siano pericolosi, manipolativi e/o aggressivi. Ma chi sono i soggetti borderline? E, soprattutto, cosa si intende per disturbo borderline di personalità? Quali sono i sintomi borderline? Il disturbo borderline di personalità (DBP) è un disturbo di personalità caratterizzato da repentini cambiamenti di umore, instabilità emotiva, marcata impulsività e difficoltà nell’organizzazione dei propri pensieri.

In cosa consistono le terapie ed i trattamenti? Le linee Guida Internazionali sono concordi nell’affermare che la cura del disturbo di personalità borderline è fondata sull’approccio psicoterapeutico e che i trattamenti farmacologici sono frequenti nella pratica clinica. In modo particolare, i farmaci vengono prescritti in presenza di comportamenti impulsivi e atti auto-lesivi che rappresentano fonte di estrema preoccupazione per il paziente, i familiari ed i professionisti.

Borderline: cosa significa?

E’ forse uno dei termini meno felici della psichiatria. Non significa un granché di per sé, significa solo “al limite”, cioè una quasi malattia. Un termine che si usa anche altrove. Per esempio, quando i valori della pressione sono ai limiti alti, ma non rientrano ancora in quelli dell’ipertensione, si dice ipertensione “borderline”: quasi-ipertensione. In psichiatria, “quasi cosa”? In una prima accezione, significa “quasi-psicosi”, nel senso di una serie di limiti o anomalie del funzionamento “sociale” o delle interazioni in generale, senza che emergano però chiari deliri o allucinazioni, o siano mai state evidenti.

Secondo la classificazione più recente invece, è sottointeso che si stia parlando di “personalità borderline”, e che quindi significhi una serie di comportamenti altamente conflittuali, pur nell’assenza di sintomi psichiatrici maggiori che siano sempre presenti e in intensità tale da far prevedere determinate reazioni.

Cos’è il disturbo borderline di personalità?

La personalità è quel sistema di lettura della realtà ed elaborazione delle risposte e delle esigenze fondamentali che guidano i rapporti con gli altri. Quando- in due parole- la modalità diviene più importante del risultato, la personalità è detta patologica in senso medico (produce sofferenza). In maniera impropria, si definiscono “disturbi” spesso quei quadri di personalità estremi o rigidi, che però non producono sofferenza soggettiva, ma visti esternamente rimangono comunque dei “sistemi” malfunzionanti e dannosi per gli altri.

Venendo al disturbo borderline, innanzitutto bisogna sempre precisare se si parla di “tratti” borderline, di “personalità borderline” o di “disturbo di personalità borderline”, perché lo psichiatra può occuparsi solo del terzo aspetto, essendo gli altri dei profili psichici che però non comportano disagio personale.

E’ una di quelle diagnosi che non sono facilmente ripetibili da medico a medico, o da parte dello stesso medico in diverse epoche: in altre parole, i criteri diagnostici, così come sono espressi, non hanno una lettura certa e costante. Alcuni ritengono questa diagnosi un sottotipo di altri disturbi, che solo per ragioni storiche, e se inquadrato come “personalità”, tende ad essere considerato un’entità a parte. Il borderline è, per definizione, un quadro in cui ci sono comportamenti impulsivi, improvvisi entusiasmi e altrettanti improvvisi “voltafaccia”, difficoltà a far riferimento ad un concetto di identità e di continuità personale, estrema alternanza tra imposizione della propria volontà e pretesa del supporto altrui come presupposto di una qualsiasi iniziativa, anche entrambe le cose insieme, in assenza di progetti concreti.

Il problema del borderline è che “fa”, cioè prende iniziative e commette azioni dannose o ostili agli altri, anche se solo nel senso di minacce e dichiarazioni, senza che per il resto dia l’impressione di essere un soggetto “agitato” o “squilibrato” o “confuso”. Rientra nella categoria delle cosiddette “psicopatie”, dove si intende appunto che l’alterazione non è grossolanamente diffusa a tutti i parametri, dal pensiero alla motricità, ma è selettiva delle modalità di interazione con gli altri.

Disturbo borderline di personalità: quando si manifesta?

Si manifesta presto, di solito dalla prima adolescenza, quando i rapporti diventano competitivi e quando si cerca un’identità sociale estesa ai propri pari, alle categorie che la società si aspetta. Il borderline può essere a periodi “occulto” quando trova persone che scelgono di dedicarsi a lui, o quando incontra ambienti estremamente conflittuali. Per questo, è altrettanto difficile identificare un soggetto borderline in un mondo di tossicodipendenti di base instabili, così com’è difficile identificarlo in un gruppo altamente coeso e finalizzato, come quello di una setta o di un’unione simbiotica che isola il resto del mondo.

Qual è il tratto tipico del profilo borderline?

La manifestazione classica del profilo borderline è quella della conflittualità relazionale, denunciata o subìta da altri: il borderline porta scompiglio o lascia perplessi per comportamenti sì dannosi, ma anche allo stesso tempo poco comprensibili, per l’assenza di finalità ultime. Per contro, a causa delle reazioni emotive che il borderline produce negli altri, può anche andare avanti cambiando relazioni, scopi temporanei, partners e riferimenti culturali con grande facilità. In questo caso, è “compensata”, anche se il compenso è nel tempo un’eccezione.

Chi sono i soggetti borderline?

La diagnosi è di per sé descritta da una serie di criteri. C’è però da dire che non si tratta di criteri relativi ad un oggetto definito esternamente, ma di un oggetto relazionale. Ad esempio, definire un rapporto “conflittuale” implicherebbe avere una misura per stabilire oltre quale livello un conflitto “normale” non lo è più e quali siano i termini oggettivi per definire un conflitto. La diagnosi sarebbe bene non farla rispetto ai criteri del borderline, ma ai criteri di un gruppo di profili di personalità detto “gruppo B” o personalità “drammatiche”, cioè borderline, narcisista, istrionico, antisociale.

Quindi, il profilo tende ad oscillare tra questi a seconda del periodo o di chi lo valuta. Se poi questo tipo di personalità “B” sia semplicemente la personalità caratteristica di alcuni disturbi, oppure una struttura a parte, è sempre oggetto di discussione.

Molti, ad esempio, ritengono che non possa esiste un disturbo dell’umore cronico e senza lunghi periodi senza sintomi che non abbiano una personalità corrispondente di tipo B. Si parla di “doppia instabilità”, intendendo quella relativa ai disturbi psichiatrici con fasi cliniche maggiori, più grossolane, e quella di fondo, legata al profilo di funzionamento presente sempre, sia dentro le fasi che fuori. Non a caso, diverse persone che durante le fasi depressive sono completamente “ferme” e prive di attività, si sentono teoricamente meglio quando ne escono ma, se hanno un profilo borderline, è lì che cominciano a diventare conflittuali, con le vecchie e nuove relazioni.

Quali sono i sintomi?

Le caratteristiche, in termini di sintomi, sono: suscettibilità e percezione egocentrica in senso instabile (picchi positivi e negativi) del giudizio altrui; instabilità relazionale e umorale continua, con picchi di ottimismo e investimento negli altri seguiti da picchi negativi di rifiuto, indifferenza e distruttività. Impulsività e livello di “memoria” emotiva che risente dell’ultimo giudizio (appagamento, entusiasmo, delusione) piuttosto che di un’emotività storica (rimorsi, rimpianti, apprendimento).

Disturbo borderline di personalità: quali sono le possibili conseguenze?

In sintesi, le conseguenze sono due. La prima è un problema di identità. La persona spesso non ha un’identità continua, ovvero riesce a proseguire la propria vita nonostante alcuni episodi o periodi che sono in contraddizione grossolana con lo stato attuale. Ciò può, però, rendere la propria identità come un elemento sfuggente e di definizione incompiuta, cioè non un punto fermo su cui fondare le proprie scelte di posizione e di strategia. Per questo, il borderline tende a “tuffarsi” in avventure con persone con cui si “fonde”, o entra in crisi quando deve trovare in sé il senso delle proprie scelte.

Il secondo tipo di danno è relazionale, come in tutte le personalità di tipo B. L’instabilità produce relazioni interrotte, finite su un binario morto o costantemente conflittuali, che il borderline riesce a vivere paradossalmente meglio “a distanza”. Per questo, certi rapporti finiscono per essere fittizi o vissuti meglio in teoria che non in pratica. Inoltre, i rapporti superficiali possono attecchire con preoccupante facilità, anche a danno dello stesso borderline, poiché consentono di essere mitizzati o manipolati senza grossi vincoli o implicazioni.

I soggetti con personalità borderline sono manipolativi?

Dire che la persona borderline è manipolativa è, in sostanza, vero. Tuttavia, questa manipolazione non è spesso organizzata verso un fine concreto. Si tratta di “navigare” attraverso un braccio di ferro o un gioco di strategia sulle relazioni, con lo scopo di vincere più mani possibili, volta per volta, senza però avere una strategia di fondo.

Manipolare significa far sì che l’altro venga dalla tua parte e che, quindi, sia portato a fare ciò che tu gli chiedi, o gli chiederai, facendo prima calare le sue difese o resistenze, o creando degli entusiasmi nei tuoi confronti che possano motivare favori o simpatie generali.

Il borderline intelligente riesce a capire in particolare cosa gli altri vogliono da lui, ma soprattutto è emotivamente distaccato, non prova imbarazzo e vergogna o tende a evitare di viverli, cosicché riesce a provocare nell’altro alcune reazioni che desidera. Si propone in maniera corretta per chiedere cose non corrette, si propone in maniera favorevole per avere la possibilità di ferire o ferisce per avere la prova della fedeltà altrui, instilla un senso di colpa e poi minaccia per essere assecondato, utilizza ciò che ha chiesto come base per attaccare chi glielo ha concesso. Dichiara di aver bisogno dell’altro per poi accusarlo di insufficiente attenzione, o addirittura per imporre poi le sue volontà, cosicché l’altro non possa opporsi senza mettere in pericolo la propria stessa funzione di “sostegno” e riferimento.

Qual è lo strumento di manipolazione più comune?

Uno degli strumenti di manipolazione, ad esempio, è costituito dalle bugie. E’ facile che, in un determinato lasso di tempo, un soggetto borderline ricorra a bugie contraddittorie sugli stessi fatti. Inoltre, di solito, il piglio manipolativo si fa sempre più contradditorio, cosicché la persona si ritrova ad affermare cose fasulle, negare ciò che ha fatto, non attuare ciò che gli si chiede, nello stesso momento in cui dichiara o pone le condizioni per risultare bisognoso d’aiuto.

Gesti come i tentativi di suicidio possono essere un caso estremo di manipolazione (ve ne sono di autentici e di “aperti” anche ad esiti letali, quindi gesti impulsivi veri e propri).

Famiglia e amici come possono aiutare una persona con disturbo borderline?

Le psicopatie come queste purtroppo tendono a manifestarsi specialmente con i soggetti vicini. In altre parole, sono i rapporti che hanno davvero valore e consistenza ad essere “aggrediti” dal disturbo, mentre quelli superficiali spesso sono valorizzati in maniera gratuita e immediata. Sicuramente, il borderline li mette al centro, in essi indica la causa (le colpe), su di essi vorrebbe puntare come risorse (dagli altri a sé), li coinvolge allo scopo di vincolarli ad essere aiutato e assecondato, anche se apparentemente aderisce a programmi interattivi e paritari.

Il soggetto borderline gestisce gli altri in maniera che siano disponibili ad assecondarlo, per riassumere il tutto, verso gli scopi e le priorità che ha in un determinato momento, e che cambiano improvvisamente o periodicamente, talora capovolgendo quel che era stato messo in piedi prima.

I familiari si dividono fondamentalmente in chi cerca soluzioni di allontanamento della persona dalla famiglia, sperando in un meccanismo tipo “lavatrice”; e altri che, invece, credono di riuscire a risolvere la cosa invischiandosi nei meccanismi borderline, sperando che il borderline capisca che il suo modo di vedere le cose è fallimentare. La questione, però, è che quando la persona è in preda ai meccanismi del proprio disturbo, determina danni in maniera maggiore quanto più sono le risorse che ha, e quanto più stretta è la relazione che è in ballo.

Nelle prime fasi, tipicamente, la famiglia è un problema e i partners amorosi sono la soluzione. In generale, questo schema si riproduce anche in età più adulta, anche perché i rapporti di innamoramento si prestano ad essere gestiti in maniera più libera, almeno nelle fasi iniziali, o a essere oggetto di illusioni. Poiché il disturbo tende a “distruggere” ciò che gli è vicino, la persona si sposta a periodi da un contesto all’altro, tra “ritorni a casa” e “fughe da casa”.

Disturbo borderline di personalità: come si cura?

La storia delle cure ha un peccato originale. I disturbi di personalità sono stati inseriti come “isola” destinata alle psicoterapie per definizione. In linea con questo, la loro descrizione va per meccanismi e schemi comportamentali, talora interpretativi, piuttosto che per singoli sintomi. Ciò non ha un senso, lo psicologico può avere cure farmacologiche semplici e secche, così come lo psichiatrico può trarre vantaggio da cure psicologiche: sul piano teorico niente vieta niente.

Nel momento in cui si è cominciato a trattare i soggetti borderline con i farmaci, ne è risultato un trattamento a collage, per tipo di sintomi, che alla fine riproduce semplicemente ciò che si fa nei disturbi bipolari. Si tratta spesso di combinazioni tra antidepressivi e stabilizzatori/antipsicotici o di combinazioni di stabilizzatori, a seconda che nel quadro prevalga la parte depressiva o l’aggressività-impulsività.

La psicoterapia, inevitabilmente, coinvolge da subito il terapeuta nelle dinamiche della personalità. In questo, la figura del terapeuta può rivestire un ruolo di “riprogrammatore” degli schemi comportamentali, ma in questo vi è un’inevitabile prima fase con riproduzione su di esso di investimento e contrasto. In altre parole, il terapeuta è utilizzato inizialmente per “avere ragione” o per “avere motivazione”, il tutto in maniera svincolata da progetti operativi o prospettive di cambiamento, ma rispetto alle circostanze del momento o rispetto ad una generale approvazione di sé.

Gli approcci possono essere di vario tipo, anche se vi sono alcuni schemi appositamente sviluppati per seguire in varie fasi la riprogrammazione di un disturbo borderline.

Fonte: laleggepertutti.it