Secondo la Società Italiana di psichiatria sono oltre un milione gli italiani che rischiano di sviluppare disturbi mentali inseguito alla diffusione del Covid-19 e alle conseguenti restrizioni che ha causato . Tra questi la Sindrome della Capanna, ma di cosa si tratta esattamente?
Dopo due mesi di notizie allarmanti, più di 30.000 morti solo in Italia ed un numero di persone infettate elevatissimo, che fra l’altro continua a crescere, l’unico luogo che abbiamo imparato a riconoscere come sicuro è la casa. Ci siamo, con molte difficoltà abituati a stare a casa, rinunciando ad ogni forma di svago e socialità. All’inizio è stato difficile abituarsi a non uscire, a non frequentare più bar, colleghi amici e tutti quei luoghi che facevano parte della quotidianità di ognuno di noi, poi però ci siamo abituati. Un esempio banale, ma in realtà molto significativo è quello relativo ai supermercati. All’inizio della quarantena erano rimasti aperti solo i supermercati e le persone andavano a fare la spesa in media ogni tre giorni (nonostante le terribili file) oggi, dopo più di due mesi andiamo a fare la spesa una volta a settimana se non ogni 10 giorni.
La casa da luogo di noia e di temuta asocialità per tutti noi è divenuta un rifugio, un luogo sicuro, dove trascorrere una quotidianità fatta di intimità e calore. Abbiamo imparato a cucinare di più e a fare a meno di tante cose che fino a 60 giorni fa ci sembravano essenziali.
Ora, il rientro è imminente alcuni hanno già varcato la soglia dei loro uffici sanificati altri lo dovranno fare a breve. Tutti abbiamo paura di questa nuova fase, tutti abbiamo paura di questo invisibile killer, ma alcuni di
noi sembrano bloccati più di altri.
Molte persone stanno infatti, sviluppando sintomi che vanno oltre la normale paura di contrarre il Covid-19, provano ansia, frustrazione e paura all’idea di allontanarsi dalla loro casa. Si tratta di una preoccupazione profonda e pervasiva che affligge anche le persone più equilibrate. Tali sintomi rappresentano una vera e propria sindrome detta “sindrome della capanna”.
Dopo 60 giorni di quarantena sono molte le persone che, pur non avendo mai avuto disturbi, vive la possibilità di ritorno alla “normalità” con l’ansia. Le persone afflitte dalla “sindrome della capanna” lamentano la paura di non riuscire a riprendere i ritmi precedenti, di non adattarsi.
Questa è una reazione del tutto normale, conseguente all’eccezionalità della situazione. Tale fenomeno era già stato rilevato negli USA dopo il crollo delle Torri Gemelle, quando moltissime persone trovarono grandi
difficoltà a tornare alla normalità.
E’ importante comunque stabilire una linea di confine che ci possa indicare quando il malessere o la preoccupazione di tornare alla normalità può divenire un vero e proprio disagio psicologico. Tale confine è stato indicato dalla società italiana di psichiatria e dall’OMS in 3 settimane, ricordandoci e ammonendo che

“se il disagio si protrae per più di tre settimane ed è acuito dall’incertezza verso il futuro, dalla preoccupazione per la situazione economica e per la precarietà del lavoro, in un caso su tre aumenta il rischio di sviluppare nel tempo veri e propri disturbi mentali, come la depressione maggiore, gli attacchi di panico e disturbi dell’adattamento”.


Risulta quindi molto importante affrontare le proprie paure e, se necessario, rivolgersi allo specialista se sintomi quali: ansia, frustrazione, insonnia e irascibilità non passano.

Fonte: tuacitymag.com