Diffusa sofferenza psichica in particolare tra i giovani, pericolosità delle persone con disturbi mentali che comunque si possono curare e non sono da escludere dalla società, vergogna a parlare dei propri disturbi ma non di andare dallo psicologo, contrasto tra i sessi sul chi è più incline a sviluppare disturbi mentali.

È quanto emerge dall’anticipazione dei risultati della ricerca nazionale sulla salute mentale realizzata dalla Bva Doxa per il Festival della Salute Mentale RO.MENS per l’inclusione sociale e il pregiudizio, organizzato dal Dsm dell’Asl Roma 2, con il patrocinio di Roma Capitale e della Rai, che si terrà la prossima settimana dal 26 settembre al 2 ottobre.

L’indagine è stata effettuata su un campione nazionale, con mille casi, con rispetto delle quote per sesso, classi di età ed area geografica, con una valutazione condivisa dalla Bva Doxa con il Dsm Asl Roma 2, il più grande d’Italia con un bacino di utenza di circa 1mln300mila abitanti. La ricerca completa sarà presentata al Campidoglio il 27 settembre .

I dati.  L’80% della popolazione afferma di aver avuto modo di relazionarsi con persone che hanno disturbi mentali, più o meno gravi. Si tratta di una diffusa percezione di conoscere persone che hanno disturbi mentali, indicativa di una impressione di una società pervasa da una significativa presenza di sofferenza psichica.

Oltre la metà della popolazione (65%) ritiene le persone con disturbi mentali pericolose per sé, quasi la metà (48%) pericolose anche per gli altri, con la possibilità di diventare facilmente aggressive e violente (55%), non rispettose delle regole sociali condivise (49%), non in grado di lavorare con un buon livello di autonomia (46%). Un quadro negativo non suffragato da evidenze scientifiche statistiche, che rappresenta un ostacolo verso i percorsi terapeutico-riabilitativi e di inclusione sociale, dalla ricerca di abitazioni e di lavoro ai rapporti emotivi e relazionali.

La grande maggioranza degli italiani (70%) ritiene le persone con disturbi mentali intelligenti e con le stesse aspirazioni, desideri, obbiettivi di chiunque altro (74%). La stragrande maggioranza degli italiani (81%) pensa che le persone con disturbi mentali non dovrebbero essere isolate dagli altri, in gran parte (73%) che non vivrebbero meglio in luoghi di cura isolati e che possono stare insieme alla collettività (79%). “Sono dati complessivamente positivi – commenta una nota – che vedono la maggioranza della popolazione non ritenere le persone con disturbi mentali come alieni da escludere dalla società”.

Emerge una netta difficoltà della popolazione a condividere con gli altri un eventuale disturbo mentale. Il 78% preferirebbe parlarne solo in famiglia, non con amici e conoscenti. Il 22% si vergognerebbe a parlarne e preferirebbe non parlarne con nessuno. Dati che indicano quindi una evidente sussistenza dello stigma verso chi soffre di una malattia mentale con il timore di essere etichettati.

Andare dallo psicologo non è qualcosa da tenere nascosto per circa i tre quarti della popolazione (76%). Un bel passo in avanti, pur nelle criticità di presenza di questa figura professionale nei servizi pubblici. E cosi se da un lato sussiste la vergogna a parlare dei disturbi mentali, dall’altro lato il marchio negativo per chi va dallo psicologo sembra essere in gran parte superato.

Due terzi della popolazione (66%) ritiene che la malattia mentale possa essere curata e un terzo no (34%). Un dato positivo anche se “la fiducia nei trattamenti in salute mentale dovrebbe diventare più alta, stante la possibilità di psicofarmaci e di psicoterapie efficaci, oltre che di percorsi di riabilitazione sociale con una soddisfacente qualità della vita”.

Gli uomini pensano che siano gli uomini ad essere più inclini ad avere disturbi mentali invece le donne pensano che siano le donne ad essere più inclini ad avere disturbi mentali. Un dato contrastante che può nascere dalla convinzione per entrambi di svolgere una vita più stressante rispetto all’altro sesso con conseguente aumento della probabilità di soffrire di disturbi mentali. La popolazione dai 18 ai 44 anni e con un livello d’istruzione più alto sembra riconoscere il maggior disagio mentale che può ricadere sulle donne. Un riconoscimento minore invece da parte della popolazione tra i 45 ed i 65 anni e con un livello d’istruzione medio e basso.

Al di là del genere è invece evidente che sono i giovani tra i 14 e i 24 anni (38%) ad essere più inclini allo sviluppo dei disturbi mentali, come confermato dall’aumento della loro presenza tra gli adolescenti, in particolare a seguito della pandemia.

Fonte: quotidianosanita.it

https://www.quotidianosanita.it/regioni-e-asl/articolo.php?articolo_id=107514

Credit: Foto di Gerd Altmann da Pixabay