La psicopatologia moderna ha spostato il suo campo di studio dalla malattia mentale alla salute mentale. Pertanto, una psichiatria al passo con i tempi non può limitarsi a curare la follia, ma deve curare la mente nel suo insieme. E la salute mentale è un concetto complesso, un armonioso equilibrio dell’individuo con se stesso e con la società. Nei giorni scorsi si è riunito a Roma il Tavolo nazionale sulla salute mentale, istituito dall’ Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei e attivo presso lo stesso Ufficio come gruppo di lavoro in grado di fornire un contributo di alto livello scientifico a sostegno della prassi pastorale, ma anche con funzione di stimolo alla Chiesa stessa. Ne fanno parte alcuni tra i più autorevoli psichiatri italiani. Alberto Siracusano, direttore della Cattedra di psichiatria e della Scuola di specializzazione in psichiatria dell’ Università degli studi di Roma Tor Vergata, è uno di loro.
Professore,
che cosa è emerso dal confronto?
La salute mentale costituisce la più importante sfida dal punto di vista medico
– sanitario dei prossimi anni. La depressione, la più comune forma di disagio
psichico, riguarda circa 4 milioni di persone in Italia, sebbene i numeri siano
in continuo aumento.
Nel 2030 la depressione sarà la prima causa di disabilità al mondo.
Il Tavolo nazionale sulla salute mentale vede la partecipazione di una componente tecnico – psichiatrica altamente qualificata e di esponenti dell’area cattolica impegnati nel campo della salute mentale. Il loro compito è quello di discutere i dati più aggiornati sulla salute mentale e le diverse richieste della società per promuovere il benessere della mente.
Quali le
priorità e le piste di lavoro?
Le priorità sono tante e riguardano in primis la prevenzione. Ad oggi sappiamo
con molta chiarezza che il disagio mentale non nasce all’improvviso ma è
preceduto da una notevole quantità di segni premonitori, indici di un certo
tipo di “funzionamento” emotivo e sociale della persona. La vera sfida non è
solo trattare il disagio quando è conclamato, ma rintracciarlo già nelle sue
forme più precoci.
Il
prossimo convegno del Tavolo si occuperà di come costruire la salute mentale
nell’arco della vita, salute mentale che secondo l’Oms sarà la vera emergenza
del futuro. Che cosa si intende per salute mentale, ora che la psichiatria
moderna ha spostato il suo campo di azione dalla malattia alla salute mentale
includendo anche gli aspetti del benessere e della felicità, tema del
precedente convegno?
La salute mentale riguarda il benessere dell’individuo, dal punto di vista
psicologico, emotivo, interpersonale, in relazione al contesto di appartenenza.
È un ambito complesso, perché non si limita alla mera individuazione della
“malattia” o della “disabilità”, ma riguarda l’intero modo di una persona di
vivere nel mondo. Il prossimo convegno nazionale del Tavolo si terrà a dicembre
2019 e riguarderà proprio il modo in cui promuovere e tutelare la salute
mentale, nell’intero arco della vita, dal concepimento alla morte.
E’
dunque possibile costruirla. Come?
Attraverso la promozione di una cultura del benessere mentale. In concreto si
tratta non solo di curare in modo adeguato la “patologia vera e propria”, ma
soprattutto di intervenire sui cosiddetti fattori di rischio, i determinanti
psicosociali in grado in incidere sul benessere delle persone: famiglia, status
socio-economico, scuola, stile di vita, educazione.
Salute mentale lungo tutto l’arco della vita: dunque dalla gravidanza all’età anziana?
Assolutamente sì. La salute mentale inizia con il concepimento e dura per tutta la vita. Dati di ricerca clinica e neurobiologica convergono sempre più sul fatto che la gravidanza rappresenti un momento delicatissimo per la futura crescita neuro-evolutiva, e quindi psicologica, del nascituro. In questo senso, il Tavolo presterà particolare attenzione al periodo della gravidanza e alla salute delle donne in età perinatale.
Si tende
a ritenere che i bambini non soffrano di patologie mentali, ma che queste
esordiscano dall’adolescenza in poi. Vengono forse sottovalutate o non
riconosciute?
Molti dei disturbi psichici che si manifestano in età adulta hanno dei segni
precursori, magari sfumati, in età evolutiva. A volte capita invece che
disturbi conclamati si manifestino già in una fase precocissima della vita.
Basti pensare che il suicido rappresenta la seconda causa di morte in
adolescenza e che ormai le pratiche di autolesionismo sono estremamente diffuse
tra i nostri ragazzi.
Si sta
registrando un aumento delle malattie psichiatriche. Tra i fattori, quanto pesa
la pressione di una società che chiede a tutti di essere performanti,
efficienti, veloci, ad alto rendimento?
La nostra società è diventata sempre più competitiva e soprattutto non tutela
abbastanza le fasce più deboli della popolazione. Ci sono dati sempre più
robusti sul collegamento tra povertà, disuguaglianza sociale e salute mentale.
I tassi di suicidio sono nettamente maggiori tra le fasce più svantaggiate
della società.
E quanto
contano la “povertà vitale”, l’impoverimento sociale e la perdita delle
relazioni?
La povertà vitale rappresenta un concetto nuovo, che va al di là della mera
ristrettezza economica e sociale. Si tratta di un impoverimento più globale,
culturale, relazionale, affettivo, valoriale, sempre più diffuso nella nostra
società e che rappresenta un substrato favorevole all’interno del quale si
sviluppa disagio, senso di smarrimento, difficoltà ad investire nel futuro e a
fare progetti.
Secondo
lei, il modello aziendale in ambito sanitario che conseguenze può avere su
questi pazienti che sono tra i più fragili e a rischio “scarto”? Come
garantirne la presa in carico globale?
L’aziendalizzazione sanitaria, se da un lato è necessaria per migliorare
l’efficienza del sistema, rischia di perdere di vista il valore della vita e
dell’uomo. Non è possibile curare un sintomo, una patologia, senza considerare
i risvolti psicologici o familiari che vengono innescati. In questo senso, la
collaborazione tra la Cei e il Tavolo è indispensabile per individuare percorsi
comuni che tengano conto delle esigenze globali di ogni paziente.
Fonte: agensir.it