Spesso, l’affascinante, oscuro e incomprensibile aspetto del disagio psichico è stato usato nel cinema per divertire, intrattenere, sbalordire e commuovere.

Quello che il cinema offre al pubblico è, il più delle volte, una caricatura diagnostica, una rappresentazione esagerata e drammatica di un’etichetta clinica che contribuisce a rafforzare lo stigma e gli atteggiamenti discriminatori.

Purtroppo, non è ancora scomparso lo stigma paralizzante legato alla malattia mentale (Beachum; 2010), stigma che porta ad applicare, a chi soffre di un certo disturbo, l’etichetta di “pazzo, pericoloso, folle, psicopatico”. Tutt’oggi, gli atteggiamenti nei confronti della persona con problematiche psichiche sono a volte pietistici, o al contrario distanzianti ed evitanti, considerando che, per molti, malattia mentale è sinonimo di comportamento violento.

Spesso, l’affascinante, oscuro, temibile e incomprensibile aspetto del disagio psichico è stato utilizzato dai registi per divertire, intrattenere, sbalordire e far commuovere il pubblico: non è raro, infatti, che in un film, sia il personaggio “fuori di testa” a commettere omicidi, fare uso di alcol o droghe, sentire delle voci, suicidarsi. Quale modo migliore per soddisfare le aspettative degli spettatori, se non quello di presentare protagonisti incompresi, imprevedibili, generatori di suspense e colpi di scena?

In realtà, quello che il cinema offre al pubblico è, il più delle volte, una caricatura diagnostica, una rappresentazione esagerata e drammatica di un’etichetta clinica che contribuisce a rafforzare lo stigma e i pregiudizi, ad incrementare gli atteggiamenti discriminatori nei confronti di chi sta già male (Da Silva, Baldac¸ Fasanella, Palha; 2020), a creare rappresentazioni e credenze errate sulla follia, ad aumentare la paura nei confronti dei matti, fornendo una scusa in più per alienarli dalla comunità (Pathak, Biswal; 2020).

Alcuni esempi di film i cui personaggi presentano disturbi mentali sono Touched with fire (Disturbo Bipolare), Ordinary People (Disturbo Depressivo), Il Solista (Schizofrenia), Rain Man (Disturbo dello Spettro Autistico), La donna dai tre volti (Disturbo Dissociativo di Identità), Il giardino delle vergini suicide (Suicidio), The Aviator (Disturbo Ossessivo-Compulsivo).

Fortunatamente, c’è stato chi ha utilizzato il cinema per accrescere la consapevolezza sulla malattia mentale, valorizzando le potenzialità dei pazienti psichiatrici: si pensi a A Beautiful Mind, il cui protagonista, il leggendario matematico John Nash, è affetto da Schizofrenia (Das, Doval, Mohammed, Dua, Chatterjee; 2017), ma nonostante ciò, riceve il Premio Nobel per l’economia.

Un film, dunque, può essere utilizzato anche a scopo formativo e informativo, e ciò è fondamentale considerando che, senza informazioni e comprensione, ogni stigma non può che rafforzarsi. Soltanto mostrando la vera realtà del disagio psichico attraverso i grandi schermi, si può offrire al pubblico una visione autentica della lotta invisibile che la persona sofferente combatte con sé stessa e con il mondo esterno.

Fonte: www.stateofmind.it

ht tps://www.stateofmind.it/2021/09/cinema-malattia-mentale/

Credit: Foto di Joshua Nicholas Vanhaltren da Pixabay