Nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (2014) vengono classificati all’interno dei disturbi dello spettro della schizofrenia e altri disturbi psicotici tutti quei disturbi che presentano anomalie psicopatologiche in almeno uno dei seguenti ambiti: allucinazioni, deliri, pensiero disorganizzato (eloquio), comportamento motorio grossolanamente disorganizzato o anormale e sintomi negativi.
Schizofrenia: le caratteristiche del disturbo

La schizofrenia è definita dai seguenti criteri diagnostici:
A. Due (o più) dei seguenti sintomi, ciascuno presente per una parte di tempo significativa durante un periodo di 1 mese. Almeno uno di questi sintomi deve essere 1), 2) o 3)

  1. Deliri
  2. Allucinazioni
  3. Eloquio disorganizzato
  4. Comportamento grossolanamente disorganizzato o catatonico
  5. Sintomi negativi

B. Per una significativa parte di tempo dall’esordio del disturbo, il livello del funzionamento in una o più delle aree principali è marcatamente al di sotto del livello raggiunto prima dell’esordio

C. Segni continuativi del disturbo persistono per almeno 6 mesi. Questo periodo deve comprendere almeno 1 mese di sintomi che soddisfano il criterio A e può comprendere periodi di sintomi prodromici o residui. Durante questi ultimi periodi, i segni del disturbo possono essere evidenziati soltanto da sintomi negativi o da due o più sintomi elencati nel criterio A presenti in forma attenuata

D. Il disturbo schizoaffettivo e il disturbo depressivo o il disturbo bipolare con caratteristiche psicotiche sono state esclusi

E. Il disturbo non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza o a un’altra condizione medica

Le persone con diagnosi di schizofrenia possono presentare affettività inadeguata, un umore disforico, un ritmo sonno-veglia disturbato e mancanza di interesse per l’alimentazione o rifiuto del cibo. Comune è anche la presenza di deficit cognitivi che possono interessare la memoria dichiarativa, la memoria di lavoro, il linguaggio e le funzioni esecutive. Tali deficit possono comportare importanti compromissioni funzionali e professionali. L’esordio del disturbo generalmente avviene tra la tarda adolescenza e i 45 anni.

Disturbo Schizotipico di Personalità: le caratteristiche

Pur rientrando tra i disturbi dello spettro della schizofrenia, il disturbo schizotipico di personalità si distingue dalla schizofrenia per i sintomi sottosoglia che sono associati a caratteristiche di personalità persistenti. Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (2014), un disturbo di personalità può essere definito come un pattern costante di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo, è pervasivo e inflessibile, esordisce nell’adolescenza o nella prima età adulta, è stabile nel tempo e determina disagio o menomazione. Il disturbo schizotipico di personalità è definito dai seguenti criteri diagnostici:

A. Un pattern pervasivo di deficit sociali e interpersonali caratterizzato da disagio acuto e ridotta capacità riguardanti le relazioni affettive, da distorsioni cognitive e percettive ed eccentricità di comportamento, che inizia entro la prima età adulta ed è presente in svariati contesti, come indicato da cinque (o più) dei seguenti elementi:

  1. Idee di riferimento
  2. Convinzioni strane o pensiero magico che influenzano il comportamento e sono in contrasto con le norme culturali
  3. Esperienze percettive insolite, incluse illusioni corporee
  4. Pensiero ed eloquio strani
  5. Sospettosità o ideazione paranoide
  6. Affettività inappropriata o limitata
  7. Comportamento o aspetto strani, eccentrici o peculiari
  8. Nessun amico stretto o confidente
  9. Eccessiva ansia sociale

B. Non si manifesta esclusivamente durante il decorso della schizofrenia, di un disturbo bipolare o depressivo con caratteristiche psicotiche, di un altro disturbo psicotico o di un disturbo dello spettro dell’autismo.

Il disturbo schizotipico di personalità può manifestarsi per la prima volta nell’infanzia e nell’adolescenza attraverso solitudine, scarse relazioni con i coetanei, ansia sociale, rendimento scolastico inadeguato, ipersensibilità, pensieri e linguaggio peculiari e fantasia bizzarre.

Schizofrenia e disturbo schizotipico: aspetti in comune e differenze

La relazione tra disturbo schizotipico di personalità e schizofrenia è stata oggetto di molti studi: studi di familiarità genetico-epidemiologici, studi fattoriali e dimensionali, studi neurobiologici e neuropsicologici (Bellino, Rinaldi, Brunetti, Cremasco & Bogetto, 2013). Ad esempio lo studio di Moreno Samaniego (et al., 2011) ha rilevato nei familiari di pazienti psicotici elevati livelli di caratteristiche schizotipiche, ciò ha permesso di ipotizzare l’esistenza di una familiarità per il disturbo.

Considerando l’importanza della correlazione genetica tra disturbo schizotipico di personalità e schizofrenia e quindi la presenza di una presumibile condivisione di alterazioni biologiche, sono stati svolti numerosi studi per ottenere evidenze di tipo neurobiologico. Attraverso l’uso di tecniche di brain-imaging si è cercato quindi di evidenziare elementi comuni fra i due disturbi. Diversi studi hanno riportato anomalie cerebrali simili, ma attenuate, confrontando soggetti con disturbo schizotipico di personalità e soggetti con schizofrenia: differenze nella forma del corpo calloso (Downhill et al., 2000) anomalie talamiche (Byne et al., 2001).

Il gruppo di lavoro composto da Dickey e collaboratori (1999) ha rilevato un minor volume della materia grigia nel giro temporale superiore sinistro in pazienti con disturbo di personalità schizotipico e in pazienti schizofrenici, un’area importante per l’elaborazione del linguaggio. Nel 2002 hanno deciso di indagare due componenti del giro temporale superiore: il giro di Heschl e il Planum temporale (Dickey et al., 2002).

Hanno acquisito le scansioni MRI di 21 soggetti con disturbo di personalità schizotipico (diagnosi effettuata sulla base dei criteri del DSM-IV) che non usavano farmaci neurolettici e di 22 soggetti di controllo simili per età.

Tutti i soggetti erano destrorsi, di età compresa tra i 18 e i 55 anni, non avevano una storia di malattia neurologica né una dipendenza da alcol o droghe, non presentavano una storia di disturbo psicotico o disturbo bipolare. Inoltre, i soggetti di controllo non dovevano presentare una storia di malattia mentale né difficoltà di apprendimento. Ai partecipanti è stata somministrata una batteria di test che includeva: Il California Verbal Learning Test, il Test di Memoria Logica della Wechsler Memory Scale Revised (utilizzati come test verbali per le correlazioni con le rilevazioni effettuate sull’area di interesse) e il Il Thought Disorder Index, una misura della gravità del disturbo del pensiero.

Il volume della materia grigia del giro di Heschl di sinistra era inferiore del 21% nei soggetti con disturbo schizotipico della personalità rispetto ai soggetti di confronto. Non c’erano differenze di volume tra i due gruppi nel giro di Heschl di destra o nel Planum temporale bilaterale.

Sono state eseguite correlazioni tra le rilevazioni effettuate sulle regioni cerebrali di interesse e i risultati dei test neuropsicologici dei due gruppi. Per quanto riguarda il Test di Memoria Logica è stata identificata una correlazione significativa tra la scarsa performance nella prova di memoria differita e il ridotto volume del giro di Heschl sinistro, nei soggetti con disturbo di personalità schizotipico. Non è emersa, invece, alcuna correlazione tra il Thought Disorder Index, il California Verbal Learning Test e le rilevazioni neuroanatomiche.

Questo risultato è simile ad una precedente scoperta degli autori che avevano individuato un minor volume della materia grigia del giro di Heschl di sinistra e del Planum temporale sinistro in pazienti con un primo episodio di schizofrenia. Nei pazienti con schizofrenia cronica invece era il Planum temporale sinistro, e non il giro di Heschl, ad essere ridotto.
Schizofrenia e disturbo schizotipico: funzionamenti e neuroanatomia

In accordo con studi precedenti, gli autori concludono sottolineando come il volume ridotto di materia grigia nel giro di Heschl possa essere un marker di vulnerabilità per i disturbi dello spettro della schizofrenia.

Anche studi di tipo neuropsicologico hanno messo in evidenza che soggetti con disturbo schizotipico di personalità ottengono ai test punteggi intermedi tra soggetti normali e soggetti schizofrenici. Diversi studi hanno cercato di determinare quali fossero i deficit cognitivi e hanno individuato deficit di working memory, difficoltà di apprendimento verbale e di attenzione e anche deficit di memoria episodica (Siever et al. 2002).

Mitropoulou e colleghi (2005) rilevano come il deficit di working memory sia un deficit centrale nei disturbi dello spettro della schizofrenia. Nel loro studio il campione di soggetti è stato suddiviso in tre gruppi: 1) soggetti che soddisfano i criteri diagnostici per il disturbo schizotipico di personalità; 2) soggetti che soddisfano i criteri diagnostici per un disturbo di personalità non correlato alla schizofrenia (ossia un disturbo diverso da quello schizoide, schizotipico e paranoide); 3) soggetti sani. Tutti i partecipanti sono stati sottoposti alla medesima valutazione neuropsicologica che includeva 10 prove in grado di indagare diverse funzioni cognitive quali la working memory sia verbale che visuo-spaziale, la memoria a breve termine, la memoria a lungo termine e le capacità attentive. Inoltre, è stato somministrata la WAIS-R per ottenere un punteggio circa il funzionamento cognitivo globale. Complessivamente, i pazienti con disturbo schizotipico di personalità hanno ottenuto delle prestazioni peggiori rispetto ai pazienti con disturbo di personalità non correlato alla schizofrenia. Nello specifico, i pazienti con disturbo schizotipico di personalità hanno ottenuto prestazioni scadenti nei test che indagano la working memory e la memoria sia a breve che a lungo termine.

In conclusione, i pazienti con disturbo schizotipico di personalità hanno mostrato una compromissione cognitiva di grado moderato rispetto ai soggetti sani (con prestazioni scadenti in 7 prove su 11). Tali differenze si sono rivelate statisticamente significative per le prove di working memory. Questo studio sembra quindi dimostrare come il deficit di working memory sia un deficit centrale dei disturbi dello spettro della schizofrenia.

Dall’analisi della letteratura emerge quindi che il disturbo schizotipico di personalità potrebbe condividere una comune vulnerabilità con disturbi psicotici cronici quali la schizofrenia.


Fonte: stateofmind.it

 https://www.stateofmind.it/2019/05/disturbo-schizotipico-schizofrenia/