Se si usano come bussola i consumi di psicofarmaci si può tracciare una mappa del disagio mentale in Italia che vede la Toscana prima per depressione, seguita da Liguria e Umbria, la Campania ultima e felix, preceduta da altre due regioni del Sud, come Puglia e Basilicata. E la nazione che mediamente vede la prescrizione di antidepressivi (misurata in dosi singole) in crescita del 3 per cento. A monitorare le cifre è il provider globale di dati sanitari Iqvia che complessivamente stima il mercato in valore dei farmaci psicotropi – cioè tutte quelle molecole in grado di modificare lo stato psichico dei pazienti allo scopo di “normalizzarlo” – in crescita del 2% nei dodici mesi dal 1° aprile 2018 al 31 marzo 2019, passando da 1.021 a 1.045 milioni di euro (i dati sono relativi al sell-in, cioè al prezzo ex-fabbrica di vendita ai canali ospedaliero, distribuzione per conto e farmacia).

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Over 65 più esposti
Come si legge la geografia di questi dati? «Innanzitutto va considerato che l’Italia non è tra i Paesi Europei dove il consumo di psicofarmaci è più elevato, anzi si colloca al di sotto della media dei Paesi Ocse, pur avendo registrato – nel caso degli antidepressivi – un raddoppio tra il 2000 e il 2015. Le chiavi di lettura si fondano sull’epidemiologia dei disturbi psichiatrici (la prevalenza in Italia è tra le più basse d’Europa) e sulle modalità di organizzazione dell’assistenza – spiega Fabrizio Starace, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche dell’Ausl di Modena e membro del Consiglio Superiore di Sanità –. Una delle fasce in cui il consumo si sta incrementando è quella degli over 65, quindi una delle variabili in gioco è anche il progressivo invecchiamento della popolazione e la presenza sul territorio di strutture residenziali per anziani». Si tratta comunque di un fenomeno complesso. «Esistono anche la capacità di individuazione di una patologia e lo stile prescrittivo – spiega Starace – ossia la soglia oltre la quale si ritiene di dover intervenire. Ci sono poi altri fattori che attengono all’organizzazione dei sistemi sanitari, al rapporto tra servizi specialistici e cure primarie, allo sviluppo della rete di assistenza per gli anziani».

Antipsicotici, Sardegna prima per consumi
Se si osservano i farmaci antipsicotici – denominati anche tranquillanti maggiori o neurolettici, utilizzati per il trattamento della schizofrenia e per altre forme di psicosi – le vendite toccano quota 378 milioni di euro (+4%), con un totale di 477 milioni di unità minime frazionabili (UMF) vendute. Incide sul fatturato il fatto che il prezzo medio di questi farmaci è più alto rispetto alle altre categorie di farmaci psicotropi. Circa l’80% dei farmaci antipsicotici viene somministrato attraverso le strutture ospedaliere e la DPC (distribuzione per conto).

In Calabria la spesa pro capite più alta
Dal punto di vista regionale, è la Calabria che registra la spesa pro-capite annuale più alta di farmaci antipsicotici con 8,47 euro, mentre quella più bassa viene registrata dal Friuli Venezia Giulia con una spesa pro-capite annuale di 3,90 euro. Per quanto riguarda, invece, i volumi la Sardegna è prima in classifica con 12,25 unità somministrate pro-capite all’anno, seguita da Umbria (10,76) e Liguria (10,24), tutti ben al di sopra della media nazionale (7,88 unità). Le Regioni in cui vengono somministrati meno anti-psicotici sono la Campania (5,99), l’Emilia Romagna (6,04) e il Friuli Venezia Giulia (6,23).

Antidepressivi, Toscana al top
Il secondo mercato a valori è quello degli antidepressivi e stabilizzatori dell’umore che ha registrato, secondo IQVIA, vendite per 281 milioni di euro nel periodo preso in esame, segnando un aumento del 3% rispetto allo stesso periodo precedente. Il totale delle unità dispensate è stato di 1.022 milioni. In questo caso, le vendite in farmacia rappresentano circa il 96% del mercato. In questo segmento, la spesa pro-capite più alta è registrata in Liguria, 7,24 euro all’anno. Mentre la spesa pro-capite più bassa viene rilevata in Basilicata, 3,66 euro. Per i volumi, la Toscana è prima con 28,13 unità somministrate pro-capite all’anno, seguita da Liguria (25,63) e Umbria (22,79), tutti ben al di sopra della media nazionale (16,90 unità). Le Regioni in cui vengono somministrati meno antidepressivi sono la Campania (12,44), la Puglia (12,59) e la Basilicata (12,88).

La pole position toscana
Come si spiega la pole position toscana? «Il dato toscano è abbastanza costante negli anni», spiega Starace. «Le possibili interpretazioni sono due – continua – e probabilmente la verità sta nel mezzo. Da un lato, il consumo può essere legato a una maggiore attitudine del sistema sanitario regionale ad individuare i disturbi depressivi e quindi al loro trattamento sul piano farmacologico. Va considerato che buona parte di questi disturbi può essere trattata con interventi di pari efficacia di tipo psicoterapico. Ma evidentemente i dati riguardano il trattamento farmacologico, mentre poco o nulla sappiamo sulla diffusione dei trattamenti psicoterapici, svolti spesso in contesti privati. Dall’altro lato, appunto, vanno considerati gli stili prescrittivi degli specialisti e dei medici di medicina generale, che sono evidentemente più propensi a trattare con farmaci le condizioni depressive che intercettano».

Il male oscuro che non colpisce i redditi bassi
Al Sud invece gli antidepressivi non piacciono. “Nelle regioni meridionali – spiega l’esperto – si ha una prevalenza più bassa di condizioni depressive rispetto alla media nazionale e questo emerge sia dalle indagini Istat sia dalle rilevazioni statistiche delle persone in contatto con i servizi psichiatrici. In genere si osserva un gradiente sud-nord, da livelli più bassi a più alti”. I fattori in gioco sono molti. Dal dato contestuale a quello oggettivo relativo alle condizioni socioeconomiche. “Sembra quasi che al sud i disturbi depressivi – sottolinea lo psichiatra – risentano meno di fattori che in genere vengono considerati associati al disagio psichico, come le condizioni economiche più disagiate e gli alti tassi di disoccupazione. E invece siano più frequenti in contesti in cui le persone sono impegnate in attività produttive e quindi più competitive, con un maggiore livello di pressione e di aspettativa sociale”.

Il caso Liguria
Infine i tranquillanti, che restano stabili a 250 milioni di euro. In questo segmento le vendite in farmacia rappresentano circa il 95% del mercato. Nel caso dei tranquillanti, la spesa pro-capite più alta è registrata in Liguria, 6,26 euro all’anno. Mentre la spesa pro-capite più bassa viene registrata in Basilicata, 2,74 euro. Per quanto riguarda, invece, i volumi calcolati come unità minime frazionabili, la Liguria è prima come acquisto di tranquillanti con 21,41 unità prescritte pro-capite, seguita da Umbria (20,60) e Piemonte-Valle d’Aosta (16,55). La media nazionale è di 13,71 unità (UMF). Le Regioni in cui vengono somministrati meno tranquillanti sono la Puglia con 8,97 unità pro-capite, la Basilicata (9,28) e la Campania (10,49).

Fatturato da 136 milioni per ipnotici e sedativi
Per quanto riguarda, invece, gli ipnotici e sedativi, nel periodo il mercato ha registrato un fatturato di 136 milioni di euro (+2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). Le unità vendute nel periodo sono state 369 milioni di cui il 97% in farmacia. Per Iqvia, nel caso degli ipnotici e sedativi, la spesa pro-capite più alta è registrata in Liguria, 3,98 euro all’anno. Mentre la spesa pro-capite più bassa viene registrata ancora una volta in Basilicata con 0,89 euro pro-capite. Per quanto riguarda, invece, i volumi calcolati come unità minime frazionabili, la Liguria è prima come acquisto di sedativi con 10,86 unità somministrate pro-capite, seguita da Piemonte-Valle d’Aosta (8,22) e Veneto (7,97), mentre la media nazionale è di 6,11 unità. Le Regioni in cui vengono somministrati meno sedativi sono la Basilicata con 2,46 unità pro-capite, il Molise (2,97) e la Puglia (3,10).
Il caso Liguria, dove spopolano antidepressivi, tranquillanti e sedativi ha tra i fattori esplicativi l’età anziana della popolazione. «Anche nelle indagini Istat – ribadisce Starace – le stime sui disturbi depressivi sono di quasi due punti percentuali in più della media nazionale e più del doppio rispetto alle regioni che si collocano al polo opposto, come Veneto o Trentino».

La scarsa aderenza sintomo di inappropriatezza e spreco
L’aderenza terapeutica è un altro tema centrale. «Anche dal report Osmed prodotto dall’Agenzia italiana del farmaco emerge un’elevata percentuale di non aderenza – ricorda Starace. In oltre il 40% dei pazienti che hanno una prescrizione di farmaci antidepressivi l’aderenza è molto bassa e la permanenza in trattamento si riduce del 50% dopo appena tre mesi di trattamento. Questo dovrebbe spingere a una maggiore attenzione nella prescrizione e nel monitoraggio degli effetti clinici nel corso del tempo. Un elevato tasso di non aderenza può essere sintomo di una non appropriata prescrizione all’inizio, o anche di una mancata attenzione ad effetti collaterali non adeguatamente gestiti che inducono il paziente ad interrompere la terapia. Se un trattamento con farmaci antidepressivi nella metà dei casi non va oltre i tre mesi c’è qualcosa da rivedere, nell’interesse delle persone sofferenti ma anche per utilizzare al meglio le risorse del Servizio sanitario nazionale».

Fonte: ilsole24ore.com

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