Rimuginare continuamente su quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Arrovellarsi sugli errori commessi o subìti. Immaginare il futuro con costante preoccupazione o paura. Ecco tutto questo fa male alla mente, e si sa, o facilmente si intuisce. Non si sapeva però se il pensiero negativo ripetitivo, o per dirla con un acronimo inglese il ‘repetitive negative thinking’ o rnt, impattasse anche fisicamente sul cervello, influenzando il rischio di ammalarsi di demenza, una condizione che a livello globale colpisce 47 milioni di persone.
Ora, secondo uno studio pubblicato su Alzheimer’s & Dementia sembra che le cose in effetti stiano proprio così: pensare cronicamente a eventi negativi passati o futuri si associa al declino cognitivo e anche all’accumulo di tau e beta-amiloide, due proteine coinvolte nello sviluppo della forma più comune di demenza, che è l’Alzheimer, con 50-80% di tutte le forme.   

Lo studio

L’indagine è stata realizzata su un campione di 360 uomini e donne sopra i 55 anni, ai quali gli autori – ricercatori dell’University College di Londra, dell’Inserm (Institut national de la santé et de la recherche médicale di Caen in Normandia) e della McGill University canadese – hanno chiesto di compilare un questionario segnando la frequenza dei pensieri negativi ricorrenti per due anni consecutivi, hanno misurato il livello di ansia e depressione (entrambe condizioni psicologiche che già si sa essere associate a un aumento del rischio di demenza) e hanno valutato le funzioni cognitive, cioè il livello di memoria, attenzione, cognizione spaziale e linguaggio. Una parte del campione – 113 persone – è stata sottoposta anche alla Pet, per rilevare la presenza di depositi cerebrali di tau e amiloide. Tutti e 360 i partecipanti allo studio sono stati seguiti per 4 anni.

I risultati

Una volta analizzati i risultati dei test, gli scienziati hanno concluso che chi tendeva di più a ruminare brutti pensieri aveva un quadro peggiore relativamente alla memoria (che è uno dei primi sintomi di Alzheimer) e al declino cognitivo, e presentava anche più degli altri placche cerebrali di beta-amiloide e di proteina tau. Anche i depressi e gli ansiosi avevano una maggiore probabilità di andare incontro a declino cognitivo nel tempo, ma non a depositi anomali di proteine ‘tossiche’. La riflessione degli autori è stata che il pensiero negativo cronico – perché va detto, non parliamo dei brutti pensieri occasionali ma di loop mentali negativi protratti nel tempo – potrebbe quindi essere più che un legame con l’Alzheimer. Natalie Marchant, psichiatra all’University College e autrice principale dello studio, ha dichiarato che “la depressione e l’ansia nella mezza età e nella vecchiaia sono già noti per essere fattori di rischio di demenza. Ora abbiamo scoperto – ha detto – che alcuni modelli di pensiero coinvolti nella depressione e nell’ansia potrebbero rappresentare una delle ragioni di fondo per cui chi soffre di questi disturbi ha maggiori probabilità di sviluppare una demenza”.

La salute è anche mentale

“I nostri pensieri possono avere un impatto biologico sulla nostra salute fisica in senso positivo o negativo”, ha spiegato Gael Chételat, fisiopatologo dell’Inserm e co-autore del lavoro. Prendersi cura della salute mentale è allora importante “non solo per la salute e il benessere delle persone nel breve periodo ma potrebbe anche avere un impatto su un eventuale rischio futuro di demenza. La cura della salute mentale dovrebbe essere una delle principali priorità di salute pubblica”.
Ma su quali pratiche fare affidamento per promuovere la salute mentale in età avanzata, abbattendo così anche il rischio di demenza? Secondo gli autori potrebbe essere utile capire se funzionano le tecniche di meditazione, di allenamento alla consapevolezza o terapie mirate della parola, nel corso delle quali il paziente racconta le proprie ansie, le fonti di stress, impara a ricomporre le situazioni correggendo gli atteggiamenti negativi. E anche i pensieri negativi.

Strategie di prevenzione

Secondo Fiona Carragher, responsabile del settore Research and Influencing dell’Alzheimer’s Society britannica che ha sostenuto lo studio in questione, “comprendere i fattori che possono aumentare il rischio di demenza è fondamentale per aiutarci a migliorare le conoscenze su questa condizione devastante e, ove possibile, sviluppare strategie di prevenzione. Il legame che è emerso tra i modelli di pensiero negativo ripetuti e declino cognitivo e depositi dannosi (di tau e beta amiloide, ndr) sono interessanti, anche se abbiamo bisogno di ulteriori indagini per capire meglio. La maggior parte delle persone coinvolte nella ricerca è stata identificata come a maggior rischio di Alzheimer, quindi dovremmo vedere se questi risultati si ripetono nella popolazione generale.  La salute mentale – ha concluso –  potrebbe costituire un ingranaggio fondamentale nella prevenzione e nel trattamento della demenza, ulteriori ricerche ci diranno in che misura”.

Fonte: repubblica.it

https://www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca/2020/06/10/news/pensate_negativo_siete_piu_a_rischio_di_demenza-258857734/