Come in un grande esperimento sociale, la pandemia ha costretto molti governi, tra cui quello italiano, a imporre una quarantena forzata per i cittadini. Una scelta sofferta e dai risvolti drammatici: oltre al duplice dilemma fra salute fisica da assicurare e attività economiche da preservare, il primo lockdown ha sollevato una serie di questioni sociali. La paura e lo sconvolgimento della vita quotidiana avranno delle conseguenze a breve e lungo periodo. E con la paventata ipotesi di un nuovo lockdown generalizzato, la salute mentale potrebbe essere messa ulteriormente a rischio, in un contesto di aggravata fragilità e stanchezza emotiva. 

In questo senso, gli studi di psicologia e di sociologia consentirebbero di analizzare al meglio i costi fisici e mentali delle misure anti-COVID, aiutando i decisori ad adottare politiche volte a limitare le situazioni di fragilità. Come verrà affrontato in seguito, il legame fra salute mentale e aumento delle diseguaglianze socio-economiche non può essere ignorato.

Salute mentale e categorie svantaggiate

Le ultime restrizioni previste dal DPCM del 4 novembre, sulla scia degli altri paesi europei che hanno adottato lockdown parziali o limitati ad alcune città, preoccupano interi settori dell’economia e della società. Tuttavia, dal governo e dall’opinione pubblica in generale vengono sottovalutati gli effetti di nuova chiusura sulla salute mentale, soprattutto se prolungata. In tempo di pandemia, la quarantena è sicuramente la misura più efficace per fermare la circolazione di un virus, in questo caso anche letale, ma lo stigma e la paura di chi vive isolato devono essere tenuti in considerazione al momento di mettere al vaglio politiche sociali per affrontare il nuovo lockdown e le sue conseguenze future.

Durante una piacevole conversazione con Alessandro Oro, laureando alla magistrale in Psicologia Scolastica e di Comunità all’Università di Bologna, sono emerse le problematiche legate all’approccio di studio e alla mancanza di misure per la tutela della salute mentale in Italia: in primo luogo, molti studi in campo psicologico si soffermano sull’associazione fra misure di quarantena (o percezione del rischio di contagio) ed effetti sulla mente, mentre un numero limitato di studi si concentra sui rapporti di causalità fra questi due fattori. Domandarsi perché esistono certe correlazioni potrebbe essere fondamentale per comprendere la vulnerabilità di alcune categorie sociali anche dal punto di vista psicologico. Studi recenti che indagano l’impatto dell’isolamento sociale dovuto alla pandemia da COVID-19 sulla salute mentale e sulla qualità della vita evidenziano come alcune categorie di persone siano maggiormente esposte ad alti livelli di ansia e depressione. Bambini, adolescenti, donne e anziani già colpiti da difficoltà socioeconomiche, problemi pregressi e mancanza di reddito vedono dunque aggravarsi la propria condizione a causa del distanziamento fisico. 

Interessanti le conclusioni di uno studio brasiliano sugli effetti dell’isolamento, che spiega come l’aumento dello stress psicologico in moltissimi paesi del mondo sia dovuto principalmente ad alcuni fattori: la morte di persone care, la perdita del posto di lavoro e del reddito, l’atteggiamento negativo dei mass media, le restrizioni alla mobilità e gli sforzi insufficienti dei governi nella lotta alla pandemia. Quest’ultima variabile richiede particolare attenzione: ogni individuo affronta le paure, lo stress e i sentimenti in maniera unica, ma sembra altrettanto vero che una buona qualità dell’informazione e la volontarietà della quarantena possono essere associati a bassi livelli di stress durante la pandemia. Allo stesso tempo, l’inadeguata risposta da parte del governo federale per far fronte all’emergenza sanitaria ha compromesso lo stato di salute mentale dei brasiliani, causando un crescente sentimento di paura, insicurezza e percezione del rischio. Le condizioni di partenza sembrano ricoprire un ruolo fondamentale: la quarantena in contesti geografici e sociopolitici difficili (paesi in guerra, economie in via sviluppo) ha effetti maggiori sulla salute mentale della popolazione. Al fine di limitare i danni sulla salute mentale della collettività sembra dunque necessaria una risposta pronta e responsabile dalle istituzioni, capaci di garantire la trasparenza delle informazioni e di gestire efficacemente la pandemia. 

In parole povere, non si può prescindere dall’intervento dei governi a tutela della salute fisica e mentale, nonostante i pesanti danni arrecati dalla quarantena a livello sociale e psicologico. Oltre all’alto stress procurato da un nemico invisibile e imprevedibile si aggiunge il peso dell’isolamento. Costringere in casa una persona può infatti comportare la perdita della socialità, delle reti familiari e amicali, l’incertezza economica e la difficoltà di vivere nell’ambiente domestico, abbassando di molto la qualità della vita.

Fonte: liberopensiero.eu