Cosa significa domiciliarizzazione delle cure? Come sono cambiate le istituzioni psichiatriche negli anni e come si proiettano al futuro? Cosa significa avere etica nella cura? Molti i temi che accompagneranno questo appuntamento «Presenteremo, fra le altre cose – spiega De Marzi – l’esempio virtuoso dell’Asl/ To4, che proprio grazie al graduale spostamento delle cure dalla residenzialità alla domiciliarità, ha dato prova di applicare una metodologia efficiente ed efficace, al punto che la Regione ha riconosciuto merito a questo approccio con la delibera di giunta sulla domiciliarità. A parità di costi il trattamento è più efficace, così come le dinamiche di reinserimento sono più incisive».

Giampiero De Marzi, 60 anni, si è specializzato in neuropsichiatria a Bologna e successivamente in psichiatria a Torino. «La psichiatria pubblica ha il compito di prevenire i disturbi – precisa De Marzi – e non solo curarli quando sono esplosi. Nel secondo caso è complicato tornare indietro. Oggi tra l’esordio della malattia e quando si riceve la prima cura passano due anni e mezzo. Sono anni persi che provocano danni irreparabili. Il fattore tempo è fondamentale in psichiatria come in oncologia».

Qual è la scommessa della domiciliarità?

«Il 70% del nostro budget va alla residenzialità, ovvero ospitare i pazienti in strutture protette. Ciò comporta un dispendio di soldi elevatissimo e in qualche modo limita le possibilità di recupero. La domiciliarità è una risposta diversa: si cerca di assistere la persona il più possibile a casa sua. Evitando alcuni ingressi o permettendogli di uscire dalla residenzialità dandogli autonomia e nuove prospettive. Il personale del servizio va a casa dell’utente. Il progetto, nel territorio dell’Asl/To4, ha ormai dieci anni e ha visto ottimi risultati. L’inclusione sociale è aumentata, anche attraverso il reinserimento lavorativo tramite borse lavoro. Io credo che Ivrea possa diventare un piccolo laboratorio: questo tipo di progetti si iniziano sempre nelle periferie».

Come devono essere intesi i servizi psichiatrici secondo lei?

«Devono lavorare congiuntamente agli altri servizi sanitari e sociali. Deve esserci formazione congiunta, conoscenza reciproca. Bisogna fare rete con la neuropsichiatria infantile, i servizi per le tossicodipendenze, la medicina di base, i servizi sociali. Ai bisogni del paziente c’è sempre una risposta sul territorio, bisogna solo attivarla».

Che ruolo hanno le famiglie?

«Noi parliamo spesso dell’incontro fra esperti per professione – che siamo noi – ed esperti di vita, i familiari, che vivono con il paziente la quotidianità. Bisogna supportare le famiglie, ascoltare la loro sofferenza e solitudine. Farò infatti ripartire a breve i Gruppi famiglia sul territorio, sospesi da alcuni anni. I familiari devono essere inseriti nella valutazione del percorso psichiatrico. A tal proposito nel 2019 partirà un corso di formazione per valutatori a cui potranno accedere anche i familiari e i pazienti esperti. Il male della psichiatria è sempre stata l’autovalutazione, dobbiamo cambiare».

E i medici di base?

«Loro sono i nostri partner privilegiati, conoscono la famiglia e l’ambiente. Anche con loro da marzo 2019 inizieremo un corso di formazione – a partire da Ciriè – per incentivare le prime valutazioni in studio. In questa fase lo psichiatra si recherà nell’ambulatorio medico, evitando primi accessi inutili per gli utenti e per il servizio. Renderemo l’inizio delle cure più morbido».

Quali sono le sfide maggiori del suo nuovo incarico? «Cercare di vincere la staticità del nostro settore, rispetto a un’utenza che è cambiata. La società, il mondo, cambiano. Così il disagio mentale. Oggi abbiamo bisogno di una psichiatria diversa, che sappia affrontare le problematiche lavorative, la perdita di valori, le famiglie disgregate, l’uso di sostanze. L’Organizzazione mondiale della sanità dice che nel 2020 l’emergenza principale saranno i disturbi mentali, con in testa i disturbi depressivi. Bisogna rivalutare e ripensare al ruolo dello psichiatra, che dovrà affrontare sfide sempre più difficili. Dobbiamo continuare a studiare e a fare ricerca, che non può essere lasciata in mano solo alle aziende farmaceutiche». —

Fonte: lasentinella.gelocal.it

http://lasentinella.gelocal.it/tempo-libero/2018/11/14/news/la-malattia-mentale-curata-a-domicilio-tre-giorni-di-confronto-1.17463215