Una persona su 10 nel mondo è affetta da sofferenza psichica e secondo i dati Oms, in Europa il rapporto è addirittura di 1 su 4. Stigma, cultura di normalizzazione della salute mentale e reinserimento lavorativo sono solo alcuni dei temi portati all’ordine del giorno da Barbara Costantini, dell’Associazione Italiana Psicologi e Psichiatri Cattolici (Aippc), audita questa mattina dalla commissione Affari sociali sulla tutela della Salute mentale.

“Lottare contro lo stigma significa permettere alle persone di accedere alle cure- ha riflettuto Costantini- aldilà di organizzare bene il territorio e dare risposta ai cittadini, spesso disorientati e soli” permane un problema di stigma. “La persona una volta che viene intercettata dai servizi, se etichettata come malata perde di status. Siamo in un momento attento alla ‘reputation’, all’immagine, all’essere ‘popular’ e per questo è molto difficile che le persone chiedano aiuto”, ha spiegato Costantini.

Un lavoro culturale sullo stigma, questo il punto di partenza a detta dell’Aippc, per evitare che queste persone “non si rivolgano a quello che il territorio offre dal punto di vista pubblico e privato”. C’è bisogno di “promuovere una cultura che normalizzi la possibilità che ognuno possa avere delle difficoltà”. Costantini ha spiegato che “da un lato la società li marginalizza, dall’altro la persona stessa si autoesclude e, non curandosi, la sua prognosi peggiora”.

Il problema della salute mentale non si ferma solo agli ostacoli culturali ma anche ai modelli organizzativi. C’è un incremento di nuovi fenomeni come le dipendenze comportamentali per le quali “è auspicabile che tutto il territorio si possa attrezzare per gestirle. In passato c’era una dipendenza da sostanze- ha continuato la responsabile delle relazioni istituzionali Aippc- adesso abbiamo persone che utilizzano le dipendenze per regolare emozioni, gestire frustrazioni, mentalizzare situazioni difficili”.

È urgente, secondo la responsabile, “formare chi lavora nel settore per intercettare questo tipo di difficoltà, di non facile individuazione, come la dipendenza da internet o la dipendenza sessuale”. Dall’altro, serve una maggior attenzione all’inserimento lavorativo: “Bisogna organizzare il territorio, intercettare le situazioni adolescenziali e quelle fasce in cui avviene l’esordio della psicopatologia successiva, e risolvere i problemi di budget”. Infine, conclude Costantini, “un’attenzione all’inserimento lavorativo. Molte persone con sofferenza mentale non trovano lavoro e anche se succedesse hanno poi difficoltà a mantenerlo”.

REVOLVING DOOR, PSICHIATRI: CAUSA SCARSO FINANZIAMENTO SSN

Sul revolving door – la sindrome della porta girevole, con rientri ripetuti e ravvicinati dei pazienti nei reparti ospedalieri psichiatrici – “agisce in maniera drammatica l’insufficiente porzione di Pil e di finanziamento che lo Stato italiano indirizza al Sistema sanitario nazionale nei dipartimenti di Salute mentale. Se in Germania e in Inghilterra è del 7.5 e in Francia del 6.5, in Italia è sotto il 3.2”. A dirlo è Massimo di Giannantonio, presidente della Società italiana di psichiatria (Sip), audito questa mattina dalla commissione Affari sociali sulla tutela della Salute mentale.

“I pazienti vanno nel revolving door perché non c’è chiarezza sul tema- spiega di Ginnantonio- la patologia psichiatrica deve trovare luoghi dove essere gestita in maniera complessiva. È una questione etica, clinica, scientifica e organizzativa. Ogni legislatura avanza delle proposte di legge per cambiare la legge 180. Disegni che oscillano tra una restaurazione prebasagliana volta a chiudere la sofferente mentale e a buttare la chiave, a testi che propendono verso un’articolazione fin troppo evolutiva, secondo la quale la sofferenza mentale non esiste- continua il presidente della Sip- si tratterebbe solo di condizioni sfavorevoli, economiche e ambientali, che una volta risolte, si risolverebbe anche il tema della sofferenza”. Il campo della sofferenza mentale “rappresenta una galassia sterminata- afferma di Giannantonio- tanto che a livello internazionale manca anche l’accordo su quale sia l’eziopatogenesi della sofferenza mentale, e quindi sulla diagnosi. La schizofrenia, ad esempio, in alcune nazioni è stata abolita come definizione. Noi costruiamo una serie di modelli terapeutici, autorizziamo medicine a carico del Sistema sanitario nazionale presso il ministero della Salute con l’Aifa, prevedendo un’esclusiva indicazione diagnostica che poi a livello internazionale non è completamente accettata”.

Questione aperta è la cronicità: “Una patologia psichiatrica è come il diabete? Nasce con il paziente, prosegue e termina con la morte? Oppure- domanda di Giannantonio- una sofferenza psichiatrica può avere una recovery?”.

Come professore ordinario di Psichiatria dell’università degli Studi G. D’Annunzio di Chieti riporta alcuni casi clinici: “Nel Servizio psichiatrico di diagnosi e cura che dirigo c’è un ragazzino entrato minorenne e diventato maggiorenne da 9 mesi. Ha una prescrizione del giudice ad andare in una Rems per i reati compiuti- prosegue- ma il dipartimento di amministrazione penitenziaria, che ha fatto richiesta a tutte le Rems in Italia, ha ricevuto solo risposte negative. Questo ragazzino è da 9 mesi chiuso nel reparto per acuti e l’unica cosa che fa è fuggire. Lo dobbiamo tenere lì perché non abbiamo soluzioni possibili”.

Segue la storia di un 62enne che ha perso il lavoro: “Ha sviluppato un disturbo bipolare aggressivo e minaccia di morte la moglie e il figlio. È stato ricoverato in acuzie perché non può entrare in casa, ma non possiamo sistemarlo in un posto letto per una riabilitazione nel lungo periodo”.

O ancora: “Mi hanno chiamato in Pediatria per un 14enne pieno di cocaina che prendeva a calci le incubatrici. Io posso ricoverare solo pazienti maggiorenni, per sottolineare che il tema dell’esordio psicotico nella prima e tarda adolescenza resta per aria”. I

nfine, i malati di Alzheimer che arrivano in crisi di agitazione psicomotoria. “Le famiglie portano il paziente in Pronto soccorso e lì comincia una partita di ping pong per capire chi deve prenderlo nei reparti: gli psichiatri, i neurologi o i geriatri? In più- chiede sempre di Giannantonio-chi si occupa della sofferenza drammatica del nucleo familiare?”. La Sip chiede alla commissione che si arrivi a un progetto obiettivo. “Le patologie nella popolazione sono cambiate ed è arrivato il momento di una trasformazione del sistema. Si deve passare da una profonda riorganizzazione dei servizi ad un adeguato rifinanziamento dei servizi. Non ci può essere salute pubblica- conclude- senza salute mentale”.

Fonte: dire.it