Nora Dawning è l’autrice del libro Il cuore lo faccio nero, un diario, una raccolta di pensieri, stati d’animo, emozioni: la rabbia e il dolore prevalgono su tutte e accompagnano la giovane protagonista del libro nel racconto della sua malattia, una malattia dell’anima e della mente,

Volete un nome? Sono borderline […].
Ho tentato il suicidio pochi mesi fa.

Nora, una brava studentessa, una laurea in biologia molecolare, la passione per la ricerca. Tutto inizia quando si trasferisce a Cambridge inseguendo il suo sogno; qui avviene qualcosa che cambia drammaticamente la sua vita; arriva il punto di rottura che le sbatte in faccia la sua fragilità, le certezze che fino ad allora l’avevano accompagnata crollano. Dopo un anno e mezzo di resistenza, Nora implode, così quella Cambridge tanto sognata, diventa l’inferno della sua anima, i suoi sogni si scontrano con la realtà. Inizia un periodo vorticoso di declino fisico e morale: farmaci, alcol, tutte dipendenze delle quali non riesce a fare a meno, che la tengono ancorata al suo vortice, al suo dolore, alla sua rabbia. Nora sente il bisogno di avere una persona a fianco che la ami senza giudicarla ma per trovarla si affida ai siti di incontri online, sesso indiscriminato con uomini sconosciuti, dunque l’ennesimo tentativo disfunzionale, una strategia controproducente, per riempire il vortice, per riempire il vuoto.

Sono pagine forti e crude che non si risparmiano, fanno male. Nora ha dato voce a tutte le sue emozioni, mettendole nero su bianco: pensieri, pezzi di anima frantumata, che non cicatrizzano facilmente.

Sono umana e troppo debole
per poter affrontare sogni e speranze infranti
senza cadere.

Una rete di solitudine, dolore, rabbia, rancore, dipendenze, delusioni, le tiene il cuore in trappola. Così Nora scrive, scrive pagine che urlano disperazione al mondo, perdita di controllo del proprio corpo, della propria mente, quando lo specchio dei sogni si infrange contro la realtà, e niente ha più senso, se non invocare aiuto urlando contro il vuoto.

L’autrice tra le pagine del suo libro ci racconta di come stia vivendo un turbinio di emozioni discrepanti, forti, discordanti, le odia e le ama, prova a gestirle:

Le emozioni mi faranno esplodere di nuovo?
Io le voglio, le voglio tanto.
La vita così non ha senso.

E poi dopo qualche giorno:

Ho pianto, ho urlato. Naturale.
Come fermare il dolore che esplode?
Volevo incidere la mia carne con un coltellino, piccolo, tagliente,
compatto.[….]
Mi sono frustata, come ho potuto.
Un cavo di rete, non avevo altro.
Sulla schiena, sulle gambe, sul seno.
Non valgo niente, non so neanche soffrire.
Non sono neanche capace di infliggermi dolore come meriterei.
Di scacciare il dolore interiore con quello fisico.[…..]
Poi il vuoto, di nuovo.
Il vuoto, come sempre.

Nora è fragile… Disturbo Borderline della Personalità.

Secondo la più recente classificazione (DSM 5), per fare diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità, devono essere presenti compromissioni significative nel funzionamento della personalità, che si manifestano come compromissioni significative del Sé, e che si possono palesare in:

  • una identità marcatamente povera, poco sviluppata, con un’immagine instabile di sé, spesso associata ad eccessiva autocritica; sentimenti cronici di vuoto, stati dissociativi sotto stress.
  • una instabilità negli obiettivi e una difficoltà a formulare e mantenere aspirazioni, valori, piani di carriera.

Anche il funzionamento interpersonale risulta compromesso: spesso si assiste ad una compromissione della capacità di riconoscere i sentimenti e i bisogni degli altri, ad una tendenza a sentirsi facilmente offesi o insultati senza avere idea di motivi alternativi che spiegherebbero il comportamento altrui. I rapporti vengono vissuti come stretti, intensi, instabili e conflittuali, in condizioni estreme di idealizzazione e svalutazione continua ed alternata. Il tema centrale è il timore dell’abbandono, associato all’idea che degli altri non ci si possa fidare per timore, prima o poi, del maltrattamento, della trascuratezza ed infine appunto dell’abbandono.

E’ presente una certa affettività negativa, caratterizzata da esperienze emotive instabili, intense, sproporzionate, frequenti cambiamenti di umore, intense sensazioni di nervosismo, tensione o panico, timori di disgregazione o perdita del controllo, come anche timori di rifiuto e/o separazione da parte di altre persone significative, associati a preoccupazione per la propria dipendenza che sentono come eccessiva e temono di perdere completamente l’autonomia. Può esistere anche un certo antagonismo caratterizzato da persistenti sentimenti di rabbia o irritabilità in risposta alle offese e agli insulti.

I pazienti borderline faticano ad uscire dagli stati d’animo negativi; sono pessimisti sul futuro, preda di vergogna pervasiva, senso di inferiorità, pensieri e comportamenti suicidari.

Agiscono sotto l’impulso del momento in risposta a stimoli immediati, senza un piano e non tenendo conto dei risultati; hanno difficoltà a stabilire una gerarchia di priorità e possono assumere un comportamento autolesionista sotto stress emotivo, cercando un coinvolgimento in attività pericolose, rischiose e potenzialmente dannose, senza preoccupazioni per le conseguenze, per i propri limiti ed arrivando a negare l’esistenza del pericolo personale.

Le emozioni sono intense, estreme e l’esperienza psicologica degli stati emotivi può condurre a stati mentali di vuoto o stati mentali di caos emotivo incontrollato. La reazione al vuoto o al caos emotivo è disregolata, impulsiva e intensa e ha lo scopo di cercare di sentirsi vivi (in contrapposizione allo stato di vuoto) oppure sentirsi quieti e sicuri (in contrapposizione allo stato di caos) o ancora non sentirsi affatto. Possono essere messe in atto azioni impulsive (es. rabbiose), abuso di sostanze, gesti autolesivi, tentativi di suicidio.

Il tentato suicidio, stimato in generale come dalle 10 alle 40 volte più frequente dell’omicidio compiuto, è uno dei predittori più forti di suicidio conseguente.

Uno studio volto ad indagare quali tratti di personalità potessero essere rilevati in soggetti che riportavano tentato suicidio a confronto con soggetti che sono successivamente deceduti per comportamenti suicidari ha rilevato che il 91% del campione reclutato in un periodo compreso tra il 1993 ed il 2005 (187 pazienti, di cui 67 uomini, con età media di 35-45 anni ai quali sono state somministrate SCID I e SCID II) riportava un disturbo in Asse I (75% disturbi dell’umore), mentre il 33% riportava un disturbo in Asse II (17% DBP).

In una review del Centre Hospitalier di Sainte-Anne, dell’Università di Parigi-V-René-Descartes, è stata esaminata la letteratura pubblicata dal gennaio 1980 all’ottobre 2006, utilizzando le seguenti parole chiave: automutilazione, suicidio, personalità borderline (44 articoli) con altri cinque articoli aggiuntivi.

Si è partiti dall’assunto che il Disturbo Borderline di Personalità (BPD) è un serio problema di salute pubblica, associato ad alti livelli di utilizzo dei servizi di salute mentale, un importante grado di compromissione psicosociale e un alto tasso di suicidio (10%). Minacce suicidarie, gesti o comportamenti o automutilazione, sono comuni nei pazienti con Disturbo Borderline di Personalità. Tuttavia, nonostante le loro somiglianze, il comportamento di automutilazione differisce dai tentativi di suicidio per la mancanza di intenzioni suicide sistematiche.

Lo scopo di questo studio è stato quello di esaminare le relazioni tra auto-mutilazioni, suicidio e relativo approccio terapeutico. L’automutilazione si riferisce alla deliberata distruzione o alterazione diretta del tessuto corporeo senza intenzioni suicidarie consapevoli e questo modello di comportamento è comune nel 50-80% dei casi di BPD ed è spesso ripetitivo, infatti oltre il 41% dei pazienti effettua più di 50 automutilazioni. La forma più comune di comportamento di automutilazione è rappresentato dai tagli, ma lividi, bruciature, colpi alla testa o morsi non sono inusuali.

Le funzioni dell’automutilazione sono variabili: forniscono sollievo dagli stati d’animo negativi, riducono l’angoscia, assumono la funzione di richiamare cure da parte di altre persone e terapeuti, sono il tentativo di esprimere emozioni in modo simbolico.

Il tasso di suicidio nei campioni clinici di BPD è di circa il 5-10%. Questo tasso è circa 400 volte quello della popolazione generale. Una percentuale dal 40 all’85% dei pazienti borderline mette in atto tentativi di suicidio solitamente multipli (in media 3). Le relazioni tra automutilazione e suicidio sono contrastanti.

Alcuni autori identificano il comportamento di automutilazione come una forma attenuata di suicidio (‘suicidio focale’). In questo modo, l’automutilazione gioca il ruolo di un atto anti-suicidario, permettendo ai pazienti di emergere dalla loro dissociazione e sentire che stanno vivendo di nuovo. Il rischio di suicidio non aumenta fino a quando l’automutilazione produce il sollievo atteso. Tuttavia, la maggior parte degli autori mostra l’automutilazione come un fattore di rischio di suicidio portato a termine: tra i pazienti borderline con una storia di comportamento di automutilazione il tasso di suicidio è circa il doppio rispetto a quelli senza. Le auto-mutilazioni ripetitive possono aumentare la disforia, che sarà solo alleviata da gesti suicidari. I pazienti che effettuano tentativi di suicidio auto-mutilanti possono essere maggiormente a rischio di suicidio per diversi motivi: provano più sentimenti di depressione e disperazione, sono più aggressivi, mostrano maggiore instabilità affettiva, sottovalutano la letalità del loro comportamento suicidario e infine sono turbati da pensieri suicidi per periodi di tempo più lunghi e più frequenti.

I risultati dello studio hanno dunque evidenziato come nel Disturbo Borderline di Personalità la possibilità di auto-mutilazione fosse un fattore di rischio di suicidio. Tuttavia, per rinforzare questa affermazione, sono necessari ulteriori studi su un ampio campione di pazienti borderline che abbiano compiuto o meno gesti di auto-mutilazione.

Uno studio statunitense del 2016 ha verificato come i pazienti con Disturbo Borderline di Personalità (BPD) sono ad alto rischio di comportamento suicidario, ma che tuttavia molti di loro non arrivano al suicidio. Sono state confrontate le caratteristiche cliniche dei pazienti con BPD con una storia di tentativi di suicidio o senza, e volontari sani. Rispetto ai volontari sani, entrambi i gruppi BPD avevano punteggi più elevati nella scala della labilità affettiva Affective Lability Scale (ALS), e relativa sottoscala ALS-Depression-Anxiety Subscale, nella scala dell’impulsività Barratt Impulsivity Scale (BIS) e nella valutazione della storia di vita dell’aggressività Lifetime History of Aggression (LHA) ed erano quindi più propensi ad avere una storia di scoppi d’ira.

Nel gruppo dei pazienti con diagnosi di BPD, i pazienti che avevano tentato il suicidio aveva punteggi ALS, ALS-Depressione-Ansia e LHA più elevati e avevano più probabilità di avere una storia di autolesionismo non suicidario o di scoppi d’ira rispetto ai pazienti che non avevano attuato tentativi di suicidio. Inoltre, i pazienti con BPD che avevano effettuato tentativi di suicidio, avevano maggiore probabilità di avere una storia di comorbidità con il disturbo depressivo maggiore e meno probabilità di avere una storia di comorbidità con il Disturbo Narcisisitico di Personalità (NPD). Circa il 50% dei partecipanti allo studio di ciascun gruppo di BPD aveva un disturbo da uso di sostanze. Dunque i pazienti con BPD con una storia di tentativi di suicidio risultano essere più aggressivi, affettivamente disregolati e meno narcisisti.

In conclusione possiamo affermare che il comportamento suicidario è frequente nei pazienti con Disturbo Borderline di Personalità (BPD); almeno tre quarti di questi pazienti tentano il suicidio e circa il 10% alla fine completa il suicidio. I pazienti borderline a maggior rischio di comportamento suicidario comprendono quelli che hanno attuato precedenti tentativi, con una storia di comorbidità con il disturbo depressivo maggiore o disturbo da uso di sostanze. La comorbilità con la depressione maggiore determina un aumento sia nel numero che nella gravità dei tentativi di suicidio.

Sarebbero auspicabili ulteriori studi ed approfondimenti clinici in futuro, tuttavia possiamo intanto asserire che, poiché il BPD è spesso complicato dal comportamento suicidario, è giusto che clinici e professionisti della sanità prestino sempre molta attenzione ai tentativi di suicidio, singoli o reiterati; queste figure professionali hanno un ruolo importante nella prevenzione dei tentativi di suicidio e nei suicidi riusciti comprendendone i fattori di rischio ed accompagnando e sostenendo pazienti come Nora.

Il suo libro racconta il suo percorso costellato di alti e bassi, di passi avanti e cadute rovinose; la sua voglia di farla finita; la speranza che l’ha sostenuta, sempre.

Continuo a lottare, contro me stessa e contro la bestia delle emozioni feroci.
Continuo a lottare e, adesso,
la luce la vedo.

Fonte: stateofmind.it