Le mamme lo sapevano. E tutti gli altri anche. Allarmanti e precisi ma non inaspettati, i dati relativi alla psiche dei bambini (post coronavirus) sono infine arrivati. L’impatto psicologico del lockdown sui bambini dai 6 ai 18 anni è infatti emerso in tutta la sua drammaticità dalla ricerca dell’Ospedale Gaslini di Genova sui minori riportata da ieri sul sito del Ministero della Salute. L’indagine si è focalizzata sull’impatto psicologico della pandemia Covid-19 ed è stata promossa dall’IRCCS Gaslini e diretta dal neurologo dottor Nobili, a capo del dipartimento di Neuropsichiatria infantile.

Quali sono stati i risultati? I confini di questo impatto sono stati così presentati:

Tra i bambini sotto i 6 anni, si sono registrate frequentemente l’aumento dell’irritabilità, i disturbi del sonno (paura del buio, risvegli notturni, difficoltà di addormentamento) e i disturbi d’ansia (inquietudine, ansia da separazione).

Nei bambini e negli adolescenti tra 6 ai 18 anni si rileva la sensazione di mancanza d’aria e una significativa alterazione del ritmo del sonno e un aumento dell’instabilità emotiva con irritabilità e cambiamenti del tono dell’umore; l’indagine ha infine mostrato come il livello di gravità dei comportamenti disfunzionali dei bambini e dei ragazzi è associato al grado di malessere dei loro genitori.

Emerge quindi come i cambiamenti imposti ai bambini durante il lockdown non siano stati senza conseguenze ma abbiano avuto un impatto sia in senso qualitativo (presenza di disturbi) sia quantitativo (gravità, gravità associata al malessere dei loro genitori).

Cosa in particolare ha prodotto queste difficoltà psicofisiche ed emotive nei bambini?

Ai bambini negli ultimi mesi è stato impedito il contatto con i coetanei, fonte di interazione, gioco, confronto, quindi crescita. La mente è relazionale: si sviluppa non nell’isolamento ma nella comunicazione e nell’interazione che nutre psicologicamente i bambini. Non hanno potuto stare all’aria aperta se non per poco e in modo controllato sotto la vigilanza ansiosa dei loro adulti di riferimento. Non hanno potuto andare a scuola, luogo non solo di apprendimento ma anche di socializzazione. I bambini non hanno potuto frequentare gli affetti più cari come nonni e zii. In più hanno vissuto, taluni spesso, altri fortunatamente meno, in un clima familiare carico di ansia per la salute, per il lavoro, per i problemi economici dei genitori. Ma non solo: hanno dovuto adattarsi a nuovi mezzi di apprendimento, che per i più grandi si sono tradotti in valutazioni on line, ma anche per il più piccoli, in ore davanti al pc tra compiti e lezioni on line (parliamo anche di bambini di 7/8 anni) pressati da genitori che si sono trovati a fare da insegnanti e “controllori”.

Quando si dice che questa situazione penalizza maggiormente i bambini in stato di difficoltà si intende proprio il fatto che la scuola, la famiglia allargata, gli amici, l’attività sportiva rappresentano spesso un cuscinetto che ammortizza alcune carenze presenti nel contesto principale della famiglia (sotto il profilo affettivo ed economico): quando questi cuscinetti vengono sospesi il bambino si misura con tutti i limiti e le risorse a disposizione a casa.

Perché i bambini hanno reagito cosi? Capiamo insieme i dati emersi dalla ricerca.

La sottosegretaria di Stato alla Salute Sandra Zampa, nella conferenza stampa di presentazione dell’indagine ha ammesso questa penalizzazione “..È importante oggi essere consapevoli di quanto le misure assunte dal governo di chiusura e isolamento, che pure hanno messo in sicurezza la salute delle famiglie italiane, abbiano pesato su bambine, bambini e adolescenti. Sono loro quelli che hanno pagato un prezzo particolarmente alto” a cui fanno seguito le parole dello psichiatra Fabrizio Starace, membro della task force per la ripartenza del Paese “… recuperare al più presto, pur con le necessarie precauzioni, le opportunità di interazione diretta tra coetanei, è uno strumento essenziale per lo sviluppo emotivo e l’acquisizione di competenze”.

Il tipo di disagi presentati dai bambini e dai ragazzi durante e post quarantena colpiscono il ritmo sonno veglia e gli aspetti emotivi (ansia, irritabilità o abbassamento del tono dell’umore): questi significa che si presentano colpendo i ragazzi sia nel corpo che nello spirito. Spesso avranno sensazioni fisiche associate che loro faticano a comprendere (es. ho un peso al petto e non capisco cosa sia, mi batte forte il cuore non so perché, non riesco a dormire ma mi sento stanco) o che possono essere travisati dai genitori che preoccupati non riescono a capire se siano problemi fisici o psicologici. Quando un bambino attraversa un periodo faticoso, tende a regredire nelle tappe di sviluppo, vuole essere maggiormente seguito e consolato e avere la presenza costante di genitori. Inoltre, il sonno si disturba poiché, complice lo stravolgimento dei ritmi, è uno degli aspetti che salta più in fretta quando un bambino non è sereno, desidera i genitori vicini a rassicurarlo e ha vissuto settimane in un clima di allerta.

I bambini, come ci ricorda anche questa indagine, assorbono e sono significativamente influenzati dallo stato mentale dei genitori: anche se questo dato non dovrebbe sorprenderci, non è poi automatico che un genitore colleghi l’insonnia o l’ansia del figlio alla propria tensione o alle proprie preoccupazioni. Quanti bambini hanno vissuto settimane ascoltando discorsi su malattie e bilanci familiari, esposti alle immagini dei notiziari a tutte le ore?

A cosa prestare attenzione adesso? Cosa dobbiamo aspettarci quindi?

Non è facile per un genitore sapere se e come intervenire quando un figlio è in ansia o insonne o appare depresso. È possibile e frequente che molti di questi stati che sono stati descritti siano transitori e che rientrino parallelamente al recupero della normalità: dove per normalità qui non parliamo di indice dei contagi ma del recupero della relazione con i pari (amici e coetanei), frequentazione con gli affetti, vita all’aria aperta, spazi di apprendimento, creatività, dialogo e gioco. Non dimentichiamo che queste reazioni sono reazioni che arrivano dopo un momento nel quale è stato loro chiesto di stare fermi in casa, non dare preoccupazioni perché già ce ne erano, di allinearsi a regole nuove in fretta: come un livido che esce dopo la botta, si presenta con qualche giorno di ritardo e naturalmente impiega diversi giorni a riassorbirsi.

Osservate i vostri figli: notate se trascorrendo il tempo in modo diverso, facendo cose anziché stare davanti alla tv, facendo cose insieme, stando con gli altri, riposano meglio o appaiono meno ansiosi. È possibile che in questo momento abbiano bisogno di cose che normalmente non diamo: in un momento di regressione, non serve dire ad un bambino “sei grande, prima lo facevi..” ma rassicurarlo, fargli sentire la nostra disponibilità semplicemente a stare nel momento presente con lui, ricordargli che ci siamo oltre il risultato e la prestazione, raccontagli dei momenti difficili che ha già passato, mostragli con i fatti che ce la può fare e che abbiamo fiducia in lui. Solo quando queste difficoltà perdurano e iniziano a disturbare in modo sistematico le capacità del bambino di stare con altri, di fare un’attività, di studiare, mangiare o dormire allora è opportuno chiedere un aiuto professionale con l’aiuto del pediatra e dello psicologo.

Oltre ai sintomi presentati dall’indagine ricordiamo che questo è il momento nel quale i bambini tirano fuori le loro “piccole debolezze” cioè quei segnali che possono aver mostrato in altri momenti, ad esempio nei distacchi, negli inserimenti o nei momenti di cambiamento: maggior o minor richiesta di cibo, sfoghi di rabbia o ritorno nel lettone, paure che non citavano da tempo, il bisogno di andare spesso in bagno.

È fondamentale inoltre che siano prima di tutto i genitori a recuperare la loro serenità mentale e non è facile: anche negli adulti, si stanno presentando sindromi ansiose, depressive e ipocondriache e questo anche in soggetti che prima non ne avevano mai sofferto. I genitori, più o meno sballottati dagli accadimenti degli ultimi mesi, stanno recuperando i loro punti di riferimento concreti e simbolici e ripartendo misurando le loro stesse forze. Nei momenti faticosi che genitori e figli piccoli vivono insieme, spesso, come in un puzzle disegnato da entrambi i lati, ricostruendo un disegno, anche l’altra immagine si compone perfettamente.

Fonte: elle.com

https://www.elle.com/it/emozioni/psicologia/a32891829/impatto-lockdown-bambini-conseguenze/