I danni causati da questo lungo isolamento si vedranno con il tempo. Ora siamo tutti proiettati a uscire, ma la nostra mente, dopo aver subito il bombardamento di questi mesi “teme che le bombe continuino a cadere e il problema più difficile da gestire sarà quello del distanziamento sociale”. 

Questi mesi di isolamento sociale forzato, hanno indubbiamente impattato in maniera molto forte da un punto di vista psicologico familiare sociale e lavorativo. Gli esiti non li vediamo adesso in questa prima fase in cui la reattività e l’istinto di sopravvivenza che porta un iniziale riadattamento e cambiamento prende il sopravvento, ma li vedremo soprattutto a lungo termine.
Il problema è che abbiamo subito non solo un isolamento, ma una sorta di bombardamento psichico costante e continuativo che ci ha fatto navigare nell’incertezza. Questa incertezza è andata ad alimentare e in maniera negativa anche le emozioni creando e favorendo ansie paure preoccupazioni e, nello stesso momento, anche rabbia e frustrazione.
Da un lato abbiamo dovuto o cercare di accettare e riadattarci a una condizione di isolamento forzato per la nostra tutela e la tutela degli altri, dall’altro lato è stato difficile accettare per il semplice motivo che e non c’è stato un contenitore che fosse in grado di contenere. E come dopo il bombardamento, le persone hanno immediatamente voglia di ricostruire e di partire, come nel dopoguerra: è anche un istinto umano.
Quello che rimane dentro è però il vero problema perché anche se sappiamo che il bombardamento è finito, la nostra mente continua a d’aver paura che possono arrivare le bombe. Dovremmo imparare a convivere con la paura, quella che tanto temiamo erroneamente, perché è la paura che ci porta a mettere in atto dei comportamenti più responsabili, una paura sana ovviamente quella che non deve guidare la nostra vita e il nostro comportamento, non quella irrazionale.
In questo periodo ci muoveremo tra paura e speranza però anche con una sensazione di confusione tante persone stanno provando una sorta di estraniazione dall’ambiente che li circonda perché ci siamo comunque creati un nostro microcosmo fatto abbastanza su misura di sicurezza in cui abbiamo anche ricreato un equilibro e nel momento in cui ci siamo adattati a questo nuovo modo di vivere nell’isolamento adesso dobbiamo affrontare il problema più importante e più difficile da affrontare che è quello del distanziamento sociale.
La connessione sociale con l’altro è quella che ci rende umani e quello che rinforza non solo i legami, ma anche ci dà sicurezza: basti pensare a quando siamo tristi o quando siamo felici che abbiamo bisogno di toccare l’altro di abbracciarlo. Questo impatto col distanziamento sociale avrà delle ripercussioni. Intanto perché approcceremo alle attività che svolgevamo prima aspettandoci di trovare quello che c’era prima e non lo troveremo quindi già questo crea una sorta di conflitto interno, poi anche rivedere gli affetti stabili a distanza, i colleghi sarà difficile da accettare perché istintivamente ci verrà da avvicinarci all’altro e quindi ci muoveremo tra la paura del contagio rischiando di vedere l’altro anche come potenziale pericolo e il bisogno e la voglia di avere una relazione sociale: questo contrasto sarà difficile da gestire.
Ovviamente non esiste una categoria più colpita di un’altra non dobbiamo fare una gara perché tutte le categorie sono colpite a modo loro perché ognuno di noi ha dovuto fare delle rinunce e degli sforzi mentali e tutti ci muoveremo e dovremo fare i conti con una profonda incertezza con la paura di una eventuale nuova chiusura, una minaccia per cui viviamo terrorizzati.
Questa paura che ora ripartiamo e domani ci rimettono in prigione crea anche molta stanchezza mentale per cui ci muoviamo tra forza che dobbiamo tirar fuori per essere resilienti chiedendo al nostro corpo e alla nostra mente un un consumo di energia piuttosto ampio.
Gli esiti più gravi derivano da  fattori legati soprattutto al come una persona è arrivata ad affrontare questa pandemia per cui se c’era già un un terremoto in corso o comunque una fragilità psichica è ovvio che questo evento ha creato una devastazione. Ci dimentichiamo che la perdita del lavoro è anche la perdita di un sogno dell’identità di ciò in cui abbiamo creduto e non sappiamo se e quando ripartiamo e l’incertezza devasta da un punto di vista psicologico.
Poi ci sono le categorie che sono state coinvolte in prima persona come medici, gli infermieri e tutto il personale sanitario che gestirà gli effetti post traumatici in un momento successivo quando si abbasseranno i livelli e poi rimane il vuoto della scuola che spero non crei un buco emotivo e formativo educativo per i ragazzi perché in questo modo era rimasto l’unico pilastro di riferimento visto che la famiglia in questi anni ha vacillato un po’ come stabilità e se togliamo anche la scuola i ragazzi perderemo tanto non solo fisicamente, ma anche in termini contenutistici ed emotivi.

Fonte: agi.it

https://www.agi.it/blog-italia/salute/post/2020-05-05/danni-psicologici-fase-2-epidemia-8516056/