Una mente attiva alla soglia dei settant’anni, grazie all’informatica o alle parole crociate, è una mente che funziona bene e con un minor rischio di andare incontro a declino cognitivo. Determinanti sarebbero la ‘dose’ di queste attività, la frequenza con le quali vengono praticate, e il loro numero: una mente più versatile è stata associata a un rischio ancora più basso di decadimento. È la conclusione di uno studio pubblicato su Neurology e realizzato da esperti dell’American Academy of Neurology.

Dallo studio non si può far derivare un nesso di causa-effetto tra l’allenamento mentale e la protezione dall’insorgenza del declino cognitivo lieve, come sottolinea uno dei suoi autori, Yonas E. Geda della Mayo Clinic di Scottsdale (Usa): “Il nostro studio è di natura osservazionale. Nonostante la correlazione tra il minor rischio di declino e le diverse attività mentalmente stimolanti, è possibile che invece che essere tali attività ad abbassare il rischio, un individuo con declino non sia in grado di partecipare a quelle attività così spesso”. In altre parole la relazione tra i due fenomeni osservati potrebbe essere bidirezionale.

I risultati dello studio confermerebbero quanto osservato da altri lavori pubblicati in passato ma rendono comunque necessario approfondire questi aspetti, come sottolinea lo stesso Geda.

Problemi di memoria

Il declino cognitivo lieve è una condizione clinica comune con l’invecchiamento. I suoi sintomi sono simili a quelli della demenza ma meno gravi, ad esempio si possono avvertire delle difficoltà a portare a termine delle operazioni complesse o a comprendere delle informazioni che si sono lette. Un individuo affetto da demenza – di cui il declino cognitivo può essere considerato un precursore – non riesce invece autonomamente a compiere azioni quotidiare come mangiare o vestirsi.

L’attenzione dei ricercatori è caduta sulle attività mentalmente stimolanti dal momento che “non ci sono farmaci efficaci nel trattamento del declino cognitivo, della demenza o la malattia di Alzheimer”, ricorda Geda. “Così è cresciuto l’interesse sullo stile di vita che può aiutare a rallentare l’invecchiamento cerebrale che si ritiene contribuisca ai problemi di memoria e pensiero”.

Riempire il tempo libero

Per vedere in che modo i fattori dello stile di vita – “a basso costo e disponibili a chiunque” – potessero correlarsi al rischio di decadimento, i ricercatori hanno coinvolto 2 mila persone di età media pari a 78 anni, non affetti da declino cognitivo, per metà donne. I partecipanti sono stati seguiti per cinque anni in media; all’avvio dello studio hanno completato un questionario sulla frequenza alla quale avessero svolto cinque tipi di attività mentalmente stimolanti sia nella mezza età (50-65 anni) che più tardi, dopo i 66 anni. Ogni 15 mesi sono stati somministrati dei test di valutazione del pensiero e della memoria. Nel corso dello studio 532 persone hanno sviluppato infine declino cognitivo lieve.

Sono emerse così le associazioni tra hobby e salute mentale: usare un Pc nella mezza età si associava a un rischio quasi dimezzato di declino cognitivo (48% in meno). Del gruppo di individui ai quali è stata diagnosticata la condizione il 2% usava il Pc (15 persone) mentre erano il 5% tra quelli non affetti da declino (77 su 1468). Usarlo più avanti si associava a un rischio più basso di un terzo mentre il decremento era del 37% a fronte di un uso continuo, sia a 50-65 anni che dopo.

Attività sociali come andare al cinema o uscire con gli amici, risolvere cruciverba o giocare a carte, in entrambi i periodi considerati, si associava a un rischio ridotto del 20%. Questo scendeva di ben il 42% con attività manuali come lavorare la ceramica o cucire, ma solo se praticate più avanti nella vita.

E se il numero di passatempi aumentava il rischio di declino cognitivo scendeva in misura maggiore: – 28% con due attività, meno 45% con tre attività, meno 56% e meno 43% rispettivamente con quattro e cinque forme di passatempo.

Ma perché è stata rilevata questa correlazione? I ricercatori citano le diverse ipotesi proposte dalla comunità scientifica. Per esempio si è visto che le attività del tempo libero svolte in contesto stimolante possono indurre delle variazioni funzionali o strutturali nel cervello. E questo può rinforzare la riserva cognitiva permettendo di affrontare meglio l’evoluzione della malattia di Alzheimer. Ancora si è visto che chi svolge queste attività tende più spesso a esibire altri comportamenti salutari che possono proteggere dal declino cognitivo, dalla dieta sana all’attività fisica. Hobby e fai da te possono comportare infine anche un migliore stato emotivo, a sua volta correlato alla salute cognitiva.

Fonte: salute24.ilsole24ore.com

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