Solo la metà delle persone che soffrono di depressione riceve un aiuto adeguato in tempi rapidi. E c’è poi tutta la parte – ben una su 4 – che non risponde ai trattamenti. Si parla di numeri importanti, visto che in Italia sono 3 milioni le persone con questo disturbo psichiatrico, di cui 2 milioni donne. Questo si traduce in costi umani e sociali enormi, in particolare legati alla depressione maggiore (2% della popolazione italiana): 2.612 euro per ogni paziente l’anno di costi diretti, a cui si aggiungono, in media, 42 giorni l’anno di assenza dal lavoro – uno a settimana – per un totale di 4 miliardi di euro l’anno. Senza contare i costi associati ai caregiver, stimati in oltre 600 euro a persona. A fronte di questi numeri, nel nostro Paese la spesa media per i servizi di salute mentale è inferiore al 3,5% della spesa sanitaria, contro l’8-15% investito negli altri paesi del G7. A far emergere i costi della malattia in Italia è una indagine condotta dai ricercatori dell’Università Tor Vergata di Roma su più di 300 pazienti. La ricerca è stata presentata oggi a Milano in vista della Giornata Mondiale della Salute mentale, che cade il 10 ottobre e che quest’anno è dedicata alla prevenzione del suicidio, tema strettamente legato alle forme di depressione più gravi e resistenti: si stima che una persona su tre tenti il suicidio almeno una volta nella vita. Durante l’evento è stato anche presentato il primo Libro Bianco sulla Salute Mentale, redatto dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della donna e di genere – Onda.

130 mila persone non rispondono ai trattamenti

I problemi da affrontare sono diversi. Basti pensare che circa il 30% dei pazienti con depressione maggiore (più o meno 130.000) non risponde ai trattamenti tradizionali, nonostante una corretta aderenza alle terapie, somministrate a dosi e per tempi adeguati. Il che può comportare la cronicizzazione del disturbo. L’incontro “Depressione sfida del secolo, verso un piano nazionale per la gestione della malattia”, organizzato da Onda e dalla farmaceutica Janssen, è quindi una vera e propria call to action per avere a disposizione più risorse e un approccio multidisciplinare per servizi più efficienti. L’Sos è diretto a tutti gli attori coinvolti e alle istituzioni per accendere i riflettori su una patologia spesso dimenticata e sottovalutata, sebbene sia in costante aumento – più 20% dei casi nel solo decennio 2005-2015 – e sia diventata la prima causa di disabilità a livello globale (fino a 20 anni fa si trovava al quarto posto).

Non c’è salute senza salute mentale

“Siamo l’unico dei Paesi più industrializzati (gruppo del G7) a non avere più ospedali psichiatrici”, ricorda Enrico Zanalda, Presidente Società Italiana di Psichiatria e Direttore del Dipartimento Integrato di Salute Mentale ASL TO3 e AOU San Luigi Gonzaga di Torino “Abbiamo la minore disponibilità di operatori e investiamo nella salute mentale la minore percentuale di spesa sanitaria. La Società Italiana di Psichiatria in occasione del quarantennale della legge Basaglia ha ribadito le gravi difficoltà dei servizi di salute mentale italiani: per rendere efficiente la rete dei servizi di un dipartimento di salute mentale è necessario introdurre l’innovazione organizzativa, tecnologica e farmacologica in modo da poter utilizzare al meglio le competenze delle équipe multidisciplinari. Maggiori investimenti culturali ed economici dovranno quindi concretizzarsi in migliori e più tempestivi percorsi di prevenzione, cura e riabilitazione nell’ambito della salute mentale, in particolar modo per le persone che soffrono di depressione maggiore, resistente ai trattamenti e a rischio di suicidio, nei confronti delle quali il giusto investimento in risorse organizzative, tecnologiche e farmacologiche è cruciale. Oggi, la Società Italiana di Psichiatria vuole ribadire quindi la necessità di un costante impegno di tutti gli attori coinvolti perché non c’è salute senza salute mentale”.

Il peso economico della malattia

I costi diretti, come visto, non sono l’unico tassello da tenere in considerazione: “I costi indiretti possono gravare in maniera importante, basti pensare ai costi previdenziali legati all’elevato numero di giorni di assenza dal lavoro causato da una patologia come la depressione maggiore”, spiega Francesco Saverio Mennini, docente di Economia Sanitaria Università Tor Vergata di Roma: “Nel periodo considerato nell’analisi, 2009-2015, 650 milioni di euro sono stati destinati agli assegni ordinari di Invalidità e pensioni di Inabilità, con un incremento dei costi di circa il 40%. Questi dati testimoniano che stiamo parlando di una malattia fortemente invalidante, che impatta in maniera significativa sulla vita dei pazienti e della società, da molteplici punti di vista”.

Il primo libro bianco sulla depressione

A metterli nero su bianco è il Libro Bianco realizzato da Onda, che nel corso del 2020 verrà portato all’attenzione delle Istituzioni delle principali Regioni italiane: “Onda è impegnata da anni e su più fronti a promuovere la salute mentale, per ridurre lo stigma verso le patologie psichiatriche e migliorare – di conseguenza –  l’accesso alle cure da parte dei pazienti”, conclude Francesca Merzagora, fondatrice e presidente di Fondazione ONDA: “La depressione maggiore è una malattia soprattutto femminile ecco perché, su questo tema, insieme a SIP e SINPF abbiamo presentato sei mesi fa il Manifesto “Uscire dall’ombra della depressione”. Oggi vogliamo rinnovare il nostro impegno con la presentazione di questo Libro Bianco. La nostra call to action vuole essere di stimolo per le Istituzioni con l’obiettivo di potenziare gli investimenti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale e arrivare ad avere nel nostro Paese un Piano Nazionale di lotta alla depressione”.

Fonte: repubblica.it

https://www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca/2019/10/07/news/depressione_in_italia_colpisce_3_milioni_di_persone-237897748/?refresh_ce