Non serve andare alle Lithia Springs, a pochi chilometri dalla città di Atlanta negli Stati Uniti, laddove sorge una fonte termale con acqua ad elevate concentrazioni di litio. Una bevanda sacra, che i nativi americani utilizzavano come tonico e calmante. A distanza di secoli infatti, gli studiosi del King’s College di Londra e della Brighton and Sussex Medical School (BSMS), hanno stabilito un legame diretto tra elevate concentrazioni di litio nell’acqua pubblica potabile e migliori condizioni di salute mentale (e soprattutto tassi di suicidio significativamente ridotti). Per godere delle proprietà terapeutiche del litio insomma, basta aprire il rubinetto.

Un elemento “magico”

Senza il litio probabilmente non potreste leggere questo articolo. Da alcuni decenni, l’impiego più noto del prezioso metallo alcalino – tra i primi elementi generati appena dopo il Big Bang – è nei componenti degli smartphone e nelle batterie. Ma non è l’unico. Il litio è ormai largamente utilizzato in campo medico come trattamento per curare episodi maniacali e depressivi e per stabilizzare l’umore. Le sue proprietà anti aggressive e antipanico studiate già nel 1949 dallo psichiatra austriaco John Cade, possono contribuire a ridurre impulsività, comportamenti violenti e abuso cronico di sostanze. E non è tutto: studi più recenti l’hanno collegato a una ridotta incidenza della malattia di Alzheimer e altri tipi di demenza. Le doti medicamentose del litio sono molte e agiscono su ambiti della salute psicofisica anche molto diversi tra loro, tanto da essere soprannominato in letteratura scientifica “Magic Ion”, ione magico.

 Lo studio in 1287 città del mondo

Ora un team di neuroscienziati britannici ha certificato anche il suo effetto anti suicidio. La pubblicazione è una meta-analisi che raccoglie 30 anni di ricerche sul tema condotte in 1287 città, per un corpo statistico che non ha precedenti. “Ad aree geografiche con elevate concentrazioni di litio nell’acqua pubblica potabile, corrispondono tassi di suicidio significativamente minori”, scrivono i ricercatori. Austria, Grecia, Lituania, Regno Unito, Giappone, Stati Uniti e Italia i Paesi coinvolti. “I livelli di litio nelle acque analizzate – spiega Allan Young, direttore del Dipartimento di Psicologia Clinica al King’s College di Londra e tra i principali autori dello studio – sono più ridotti di quelli utilizzati nelle prescrizioni mediche, ma l’assunzione è molto più lunga e comincia potenzialmente dalla nascita”. Secondo l’esperto, sarebbe proprio questa posologia a bassissime dosi ad assicurare effetti benèfici sulle funzioni celebrali così marcati. Ma come arriva il litio ai nostri acquedotti? Grazie all’azione del tempo e degli agenti atmosferici. Tracce del metallo sono presenti pressoché in ogni tipo di roccia o minerale, ed entrano nel ciclo dell’acqua attraverso la degradazione del suolo mosso dai fenomeni meteorologici. Ne beviamo (e mangiamo) tutti i giorni: si trova in diversa quantità anche in verdura, cereali e spezie. “Quest’analisi dimostra come sia labile il confine tra trattamento farmacologico ed interventi nutrizionali – nota Carmine Pariante, del Royal College of Psychiatrist – e quanto ancora poco sappiamo delle proprietà benefiche di un elemento così presente nella nostra dieta”. Il prossimo passo sarà testarne l’efficacia su larga scala per alleviare disturbi mentali e ridurre il rischio suicidio negli individui più fragili.

Aggiungere litio all’acqua del rubinetto 

Il suicidio è un fenomeno globale di cui poco si parla, ma che sta montando in varie parti del mondo. Sono 800 mila le vittime ogni anno; una persona ogni 40 secondi che volontariamente sceglie di terminare la sua esistenza. È la seconda causa di morte per giovani dai 15 ai 24 anni. E certo il momento non aiuta. “Come ci aspettavamo, con il COVID-19 abbiamo assistito a un netto aumento dell’incidenza delle malattie mentali e a un ulteriore aggravarsi dei soggetti già gravi”, osserva il professor Anjum Memon, direttore del Dipartimento di Epidemiologia e Salute Pubblica alla Brighton and Sussex Medical School, lead-author dello studio. E prosegue: “Cercare nuove terapie per migliorare la salute mentale e diminuire l’incidenza di ansia, depressione e suicidio non è mai stato così importante”. Questo lavoro va proprio in quella direzione, ma c’è ancora molto da fare. L’idea degli autori sarebbe quella di aggiungere “artificialmente” litio all’acqua potabile, per poi condurre trial controllati randomizzati su comunità con dimostrata prevalenza di malattie psichiche, comportamenti violenti, abuso di sostanze e frequenti suicidi. “L’integrazione dell’acqua pubblica con parti di litio (ancora da quantificare la dose più efficace n.d.a.), potrebbe provare definitivamente la riduzione dell’incidenza di questi disturbi e migliorare la vita delle comunità a costo ridotto”, conclude.

Fonte: repubblica.it

https://www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca/2020/09/02/news/c_e_litio_nell_acqua_che_beviamo_ed_e_un_bene_per_la_nostra_salute_mentale-266048708/