Per i cento anni della nascita di Carlo Zinelli l’American Folk Museum di New York ospiterà, fino al 20 agosto, una mostra che sottolinea quattro fasi distinte del suo percorso artistico, attraverso 55 dipinti (di cui sette di proprietà della Fondazione Carlo Zinelli, altri provenienti dal museo dell’Art Brut di Losanna e alcuni da collezioni private statunitensi), registrazioni audio, un film e scatti fotografici.

Oltre che artista Zinelli soffriva anche di un disagio mentale: si ritiene che a determinare la sua condizione fu la guerra civile spagnola, a cui prese parte come volontario. Dopo diversi periodi di ricovero in cui fu sottoposto a elettroshock , iniezioni d insulina e docce fredde, fu rinchiuso definitivamente nel manicomio di San Giacomo alla Tomba, nel 1947. Per dieci anni trascorse la sua vita in isolamento fino al 1957, quando iniziò a frequentare un atelier presso la struttura tenuto dall’artista scozzese Michael Noble. Da qual momento Zinelli , attraverso una spiccata creatività e fantasia diede sfogo al suo bisogno di espressione, che lo avevo portato spesso a compiere già alcuni disegni su sassi e muri. Da questo atelier scaturirono poi alcune esposizioni per finanziare il laboratorio e far conoscere le opera di questi neopittori. In questo contesto lo psichiatra Vittorio Andreoli fu il principale promotore di Zinelli, che lo fece notare a Jean Dubuffet, fondatore della Compagnie de l’Art Brut. Nonostante una prima antipatia per i lavori dell’artista italiano, Dubuffet pian piano riconobbe la genialità dei suoi lavori, anche se privi di basi culturali.

Carlo Zinelli è oggi ritenuto uno dei più grandi esponenti dell’Art Brut. Le sue opere sono frutto di esplorazioni cromatiche e formali e utilizzano un linguaggio espressivo che ricorda quello dei primitivi e dei bambini. La narrazione delle sue opere può essere interpretata come un’autobiografia, con scene che trattano la sua infanzia, il suo rapporto con la natura, la religione, la guerra e la morte.

Fonte: lavocedinewyork.com

Simone Zinelli, presidente della Fondazione, pronipote di Carlo e figlio di Alessandro, ha così dichiarato: “È la prima volta che esponiamo i lavori di Carlo con un insieme di elementi che aiutano i visitatori a capire chi fosse. Per noi questo momento di transizione tra il 2016 e il 2017 è sinonimo di arrivo, ma anche di ripartenza. Essere qui a New York ci dà una grande forza per affrontare il futuro”. E ha poi raccontato: “Carlo è guarito con l’arte. Il suo stato psicofisico migliorò nettamente dal ’57 in poi, quando iniziò a trasferire le sue emozioni sulla carta. Dei dieci anni precedenti non sappiamo praticamente niente. Sappiamo solo che al momento del suo ingresso in ospedale, aveva una personalità abbastanza aggressiva e violenta tanto da essere relegato nel quinto padiglione (destinato ai pazienti più disturbati). Dal momento in cui fu accolto nell’atelier, lavorò instancabilmente, alternando momenti di maggiore e minore produttività, ma pur sempre dedicandosi esclusivamente all’arte”

Uno degli obiettivi della Fondazione, oggi, è quello di riuscire a far percepire Carlo Zinelli non solo come esponente dell’Art Brut ma come artista completo.