In Abruzzo l’unica REMS, Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza, presente sul territorio ospita anche pazienti che hanno commesso reati di grave entità la cui cura e riabilitazione però richiede anche l’inserimento sociale. La struttura che si trova a Barete, in provincia dell’Aquila, “allena” i propri ospiti ad azioni come compiere acquisti al centro commerciale, andare al bar con altri avventori, prendere i mezzi pubblici, andare all’Università e, anche, a lavorare in una biblioteca. In questa struttura la riabilitazione è, quindi, un obiettivo e un processo concreto che prevede il contatto con la quotidianità come forma di cura. Questo nuovo approccio viene utilizzato da Luglio 2016 e comporta l’eliminazione dello stigma che per anni ha vessato le persone autori di reati in funzione della loro malattia mentale.

Non è certo un procedimento facile e infatti richiede il lavoro di tutto lo staff della REMS: una sinergia tra terapia farmacologica e cure psicologiche attuata da specialisti che fanno a capo al Dipartimento di Salute Mentale della ASL e diretti dal dottor Vittorio Sconci. Inoltre la vigilanza non ha nessun tipo di arma in dotazione e gli appartamenti per i pazienti non hanno sbarre o altri tipi di grate di protezione.

I pazienti inseriti nel progetto “Aria Pulita”, quello che appunto prevede la reintroduzione nella vita sociale, vengono attentamente valutati dai medici durante un periodo di osservazione. Una volta ottenuto un parere positivo, gli ospiti vengono accompagnati da medici e infermieri e visitano così l’Ateneo aquilano,il vicino centro abitato di Pizzoli, si fermano al bar con i residenti e vanno al centro commerciale. In cima a questo percorso riabilitativo e di reinserimento è prevista anche l’esperienza lavorativa nella biblioteca di Barete: per questo scopo il sindaco Leaonardo Gattuso, insieme alla ASL, ha già avviato le procedure necessarie per l’istituzione di due borse-lavoro riservate a due ospiti della REMS. L’iniziativa dovrebbe concretizzarsi entro il prossimo giugno.

Il Dottor Sconci ha anche spiegato : “Tutte queste iniziative dimostrano, al di là dello scetticismo e delle polemiche ricorrenti, che i reati commessi da queste persone non sono causati da una tendenza a delinquere bensì da disagi mentali non affrontati per tempo e in modo adeguato. Dunque, una volta curata, la persona può vivere una vita “normale” senza costituire alcun pericolo per la comunità. E questo rappresenta il vero superamento del pregiudizio che, per anni, ha condizionato l’esistenza di queste persone”.