Sul Sole24Ore Fabrizio Starace, presidente della Società italiana di Epidemiologia psichiatrica e direttore del Dipartimento di salute mentale e della azienda USL di Modena, compie un’analisi della psichiatria in Italia.

Questa disciplina si basa sul rapporto personale tra medico e paziente e sulla qualità delle persone impiegate: è necessario che le persone occupate nel settore siano sufficienti, motivate e competenti se si vuole offrire un servizio di qualità.

Dall’analisi compiuta dalla Società italiana di Epidemiologia psichiatrica (Siep) sul Rapporto Salute mentale, redatto dal Ministero della Salute relativo all’anno 2016 riguardo al personale impiegato nelle singole regioni, la situazione non è delle migliori, anzi. I dati raffigurano una situazione di grave difficoltà dell’assistenza psichiatrica, tra l’altro denunciata più volte ai decisori politici da professionisti, utenti e dai loro familiari .

Innanzitutto il totale del personale impiegato ha subito i pesanti tagli che hanno investito le risorse dedicate al comparto del Servizio sanitario. La riduzione del personale ha colpito in particolare i Dsm italiani, in cui il personale impiegato è significativamente inferiore a quanto dovrebbe essere. L’analisi a livello regionale mostra che, oltre a Valle d’Aosta e alle Pubbliche amministrazioni di Trento e Bolzano, solo Emilia Romagna, Liguria e Sicilia si collocano sopra lo standard di riferimento. Lombardia, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Veneto non si discostano dal valore medio nazionale. Le Regioni che mostrano i livelli di personale più bassi sono Molise, Umbria, Abruzzo e Basilicata. Sono comunque al di sotto del valore medio nazionale anche Puglia, Lazio, Marche, Calabria, Piemonte e Campania.

Se poi ci si sofferma sul dato degli psicologi, regioni come Molise, Marche e Campania non garantiscono la presenza di uno psicologo ogni 50.000 abitanti quando la media nazionale è di 4,4 per 100.000 abitanti.

Infermieri, Ota e Oss complessivamente non raggiungono le 20 unità per 100.000 abitanti in Molise, Abruzzo e Puglia, mentre Calabria, Basilicata e Umbria sono solo lievemente al di sopra, quando però sarebbero previste di media 32,5 unità per 100.000 abitanti.

Per valutare la capacità di attuare programmi socio-riabilitativi possiamo guardare al numero totale di tecnici per la riabilitazione psichiatrica, educatori e assistenti sociali e scopriamo che, anche questi profili, sono molto poco rappresentati nei Dsm italiani, presente in media con sole 6,3 unità per 100.000 abitanti.

Come se questi numeri non bastassero, poi, si può osservare il numero medio di pazienti che sarebbero assegnati a medici e psicologi impegnati nell’assistenza che, seppur teorico, offre spunti di riflessione. Per i medici, si legge sempre sul Sole24Ore, l’impegno varia tra 108 e 203 pazienti per medico, con una media nazionale di 157, mentre per gli psicologi il dato medio si attesta a 351 pazienti per psicologo. In quest’utlimo caso si osserva comunque un’elevata variabilità passando dai 1470 pazienti per psicologo del Molise fino ai 146 pazienti per psicologo di Trento. I fattori di diversità possono essere molti ma è chiaro che in certi casi è necessario affidarsi al settore privato, così aumentando le diseguaglianze per l’accesso alle cure.

La situazione che emerge riguardo alla dotazione di personale dei Dipartimenti di Salute Mentale italiani è confusa e varia molto da regione a regione e anche all’interno della stessa, anche in quelle località in cui si potrebbero supporre condizioni più rassicuranti. Alla luce di questa analisi quindi urge un riordino e un’armonizzazione del sistema nazionale basato su dati precisi e attendibili che permetta un’uguale ripartizione dei servizi e le medesime condizioni di accesso alla cure.