A Lecco, il Collettivo “Futuroanteriore”, insieme al Forum Salute Mentale e il coordinamento Noi tutti Migranti hanno promosso nei giorni scorsi una serata con Grégoire Ahongbonon, che con la sua associazione Sant Camille ha ricevuto nel 1998 il Premio Internazionale Franco Basaglia con questa motivazione: «Per aver dimostrato con la sua pratica di liberazione dalla contenzione e di emancipazione dei pazienti psichiatrici quanto la dignità e il rispetto degli uomini e delle donne siano alla base di ogni intervento di salute mentale».

La figura di Grégoire Ahongbonon per il tema dei disturbi mentali è molto importante perché dal 1982 si prende cura dei malati psichici aprendo centri in Costa d’Avorio, Benin, Togo e Burkina Faso. La sua testimonianza ha sottolineato come in alcune zone dell’Africa i malati psichici vengono immobilizzati agli alberi con pesanti catene e lì lasciati morire nell’indifferenza generale. Chi è libero diventa una specie di errante, solo e lasciato a se stesso. Nessuno lo tocca per paura di essere contagiato dalla pazzia.

Grégoire Ahongbonon da anni sta portando avanti un’opera di liberazione e di emancipazione rompendo letteralmente le catene. Parlando con le famiglie e negoziando con i capi dei villaggi, Grégoire ha potuto recuperare la maggior parte di questi malati, li ha portati a essere consultati da psichiatri ed ha assicurato loro un luogo di vita più degno appena si sono ristabiliti. Coloro che sono guariti hanno imparato un lavoro, sono tornati attivi e in molti casi sono diventati il personale per curare altri malati mentali. Altri sono tornati nei loro villaggi, ma non più incatenati.

Conoscere l’attività di Grégoire ci aiuta a capire quanto siano ancora diffusi il pregiudizio e la paura nei confronti delle persone che soffrono di disagio mentale e quanto sia decisivo sostenere chi come Grégoire compie un’opera di mediazione portando all’interno della propria tradizione/cultura uno sguardo umano in grado di restituire dignità agli ultimi e liberare da superstizioni e paure la comunità. L’incontro è stato anche un’occasione per confrontarsi con le paure e i pregiudizi nei confronti della sofferenza psichica e soprattutto di chi ci appare “altro” da noi, esprimendo la necessità di un cambiamento della prospettiva.