La Fondazione Emilia Bosis partecipa con i suoi ospiti al Festival del Pastoralismo. Con una carrozza con cavallo, con cavalli a sella montati dagli ospiti e operatori, e con biciclette seguiranno, per un totale di 85Km, le varie tappe della “Transumanza dei Bergamini 2021”, facendo rivivere ai suoi ospiti, l’epopea della transumanza che è durata ben 7 secoli e che è ancora nel ricordo di tanti bergamaschi.

Un po’ di storia sui Bergamini

Il fenomeno dei bergamini nasce nel basso Lodigiano tra la fine del Trecento e il Quattrocento, all’epoca dei Visconti per intenderci. Lungo il Po e gli ultimi tratti del corso dell’Adda la transumanza dei malgari medievali (proprietari di greggi di pecore) aveva trovato già nei due secoli precedenti condizioni favorevoli: ampi pascoli incolti di pertinenza per lo più del Vescovo di Lodi che consentivano di mantenere in inverno numerose greggi. Va precisato che, a quei tempi, le pecore erano regolarmente munte e che il formaggio che si produceva era ottenuto per lo più da latte ovino (con aggiunte di latte caprino e vaccino). La scarsezza di fieno impediva di allevare numeri importanti di vacche da latte. Il bovino medievale era, in pianura, allevato per il lavoro. Le vacche servivano a produrre buoi e facevano due litri di latte al giorno. Diversa la realtà in montagna dove i pascoli alpini consentivano di mantenere un certo numero di vacche da latte. Anche qui, però, l’allevamento era limitato dal “collo di bottiglia” dell’inverno. Nelle valli le scarse superfici coltivabili erano destinate ai cereali e le scorte di foraggi per l’inverno limitate.

Nelle aree dove le maggiori piene impedivano lo sviluppo della vegetazione arborea e nelle terre nuove, frutto delle modifiche del corso dei fiumi, non era possibile la coltivazione ma si poteva pascolare, anche con i bovini. In queste aree “di frontiera” (le “regone”, le “glaree”, i “polesini”), i margari, a volte trattenendosi anche in estate, iniziarono a mantenere un numero maggiore di bovini. Nel primo Quattrocento troviamo numerosi bergamini alla Somaglia e presso il monastero di Santo Stefano (fondato nel XI secolo e affidato ai cistercensi in quello successivo) , su territori prossimi al grande fiume (nei contratti si citano le varie categorie di terreni umidi e anche i canneti). E’ significativo di queste situazioni che, qualche decennio dopo un contratto stipulato dall’abate con dei bergamini, a causa delle inondazioni del Po l’abbazia dovette essere spostata dove oggi esiste ancora la Cascina Abbazia. In queste condizioni, però, il condizionamento delle vecchie strutture agrarie e fondiarie era minore ed era possibile per proprietari intraprendenti, per i loro intermediari, per i fittavoli e i bergamini sperimentare quelle soluzioni che poi si affermarono su buona parte del territorio (la nuova azienda a indirizzo misto e irriguo).

Lo svernamento, la possibilità di attrarre un numero sempre maggiore di vacche da latte era comunque legato alla possibilità di disporre di fieno in quantità e di stabilire un sistema transumante che sfruttasse in estate gli alpeggi e, in inverno, le aree coltivare a prato. Con l’aumento dei prati, l’allevamento perse (per quanto riguarda i bovini da latte) il carattere pastorale: dai ricoveri primitivi in legno con coperture in paglia e con semplici staccionate e tettoie si passò a realizzare costruzioni in muratura con fienili e ricoveri meno precari per uomini e animali. L’allevamento ovino si divise e mantenne il carattere pastorale e transumante che conserva tutt’oggi. Non cambiò solo l’allevamento, cambiò anche l’agricoltura. Prima lo spazio era diviso tra terre a grano (asciutte), pochi prati (asciutti) e, separate, aree boschive, pascolive. Qui la ceralicoltura, organizzata in poderi mezzadrili facenti capo a latifondi di signori laici o ecclesiastici, là le grandi aree incolte, dominio dei margari che pagavano l’erbatico ai signori detentori dei diritti feudali. Gradualmente gli incolti vennero messi a coltura, l’asciutto divenne irriguo e le due realtà (cerealicoltura e pastoralismo) si fusero nella grande azienda zootecnico-foraggero-cerealicola condotta da un affittuario (che, spesso, continuava a ospitare in inverno uno o più bergamini) . Ci vollero secoli, ma ne sortì un’agricoltura che, nel Settecento, era la più avanzata in Europa. Il merito fu anche dei bergamini (sarebbe ora di riconoscerlo).

Credit: Photo di Patrizia Riviera